mercoledì 5 dicembre 2007

IN DIFESA DELLA VITA

firma qui http://www.liberidivivere.it/appello.php

“LIBERI DI VIVERE”
Appello al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
La malattia, la sofferenza e la morte sono inevitabilmente parte della vita di ogni essere umano. Poiché nessuna condizione di salute toglie dignità alla vita umana, in una società davvero libera, solidale e democratica, malattia e sofferenza non possono e non devono diventare motivo di solitudine, abbandono, emarginazione e discriminazione sociale del malato e della sua famiglia, come è indicato negli articoli 3 e 32 della nostra Costituzione e in molte altre Dichiarazioni e Convenzioni internazionali, ultima delle quali la Convenzione dei diritti delle persone con disabilità, promulgata dall’assemblea generale dell’ONU il 13 dicembre 2006 e firmata dall’Italia il 30 marzo 2007.Pur nei limiti imposti dalla loro condizione, i malati e loro famiglie vogliono poter continuare la loro vita con dignità e in libertà. Essi non sono un peso per la società, ma sono per tutti un esempio di coraggio e di capacità di vivere, che le istituzioni a ogni livello, nazionale e locale, devono sostenere e promuovere. Per questo motivo, chiediamo al Presidente della Repubblica di esercitare l’autorevolezza che gli deriva dall’essere il Capo dello Stato e il garante di tutti i cittadini affinché le istituzioni tutte, a ogni livello:
1. Pratichino un riconoscimento concreto, tramite investimenti di tipo economico e di promozione culturale, della dignità dell'esistenza di ogni malato, con particolare attenzione ai malati di sclerosi laterale amiotrofica.
2. Intervengano con adeguate misure legislative e regolamentative per dare ogni cura e sostegno adeguato per combattere il dolore e garantire che ognuno possa ricevere ogni cura sostegno adeguati.
3. Sostengano le associazioni di malati e più in generale le organizzazioni che si impegnano nello stare accanto ai malati e alle loro famiglie. In questi ultimi anni il dibattito pubblico e la richiesta alle istituzioni si è incentrata sulla richiesta della libertà di poter morire. Ciò che noi chiediamo alle istituzioni è che i malati e le loro famiglie siano finalmente messi nelle condizioni di essere liberi di vivere.

Avvenire, 5.12.2007
Prima di disquisire in astratto su un presunto «diritto a morire», ci sono «cento passi da fare» e almeno diecimila firme da mettere all’appello che i malati di sclerosi laterale amiotrofica rivolgono al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al quale saranno consegnate dopo il termine della raccolta, fissato per l’11 febbraio, giornata del malato. Le adesioni stanno già arrivando. Il sito
www.liberidivivere.it , aperto l’altroieri, senza aver usufruito di nessun battage pubblicitario, ne contiene già centinaia, cosa che fa ben sperare nel raggiungimento e nel superamento di quota diecimila. I «cento passi» li ha evocati ieri a Roma, in un incontro per presentare l’iniziativa, il giornalista del «Resto del Carlino» Massimo Pandolfi, parlando di tutto ciò che le istituzioni possono fare per migliorare dal punto di vista della burocrazia, dei servizi sanitari, e delle tecnologie (si pensi al sintetizzatore vocale) la vita di chi è affetto da questa patologia, Ma ad attivarsi non devono essere solo i politici, queste persone non vanno lasciate sole. E un ruolo ce l’hanno anche i mass media. «Sembra quasi che ci sia una corsa all’eutanasia.
Girando l’Italia, ho scoperto una realtà completamente diversa». Pandolfi ha scritto un libro­reportage ( L’inguaribile voglia di vivere, edizioni Ares), in cui ha ascoltato nove persone affette da Sla. Una di queste è Mario Melazzini (nella foto), che è tra i promotori della sottoscrizione. Ieri ha ricordato come, ai tempi della lettera di Welby a Napolitano e anche prima, fossero state fatte passare sotto silenzio dalla stampa manifestazioni verso il mondo politico da parte dei malati di Sla – riuniti nell’associazione da lui presieduta l’Aisla – che chiedevano assistenza, non morte. Uno di loro aveva pure scritto al Colle, ricevendo una risposta privata. «Mi sono sentito obbligato come cittadino, uomo e medico a stimolare maggiormente le istituzioni affinché ci diano risposte concrete. Spero che Napolitano ci possa rispondere», ha detto il medico ridotto dalla malattia su una sedia a rotelle, ma che non ha perso la sua vitalità. Dice che la terribile patologia di cui è affetto «è inguaribile, perciò curabile», cioè necessita di vicinanza umana e di cure palliative. Rifiuta un «concetto di qualità della vita ispirato all’utilitarismo». Usa la cruda metafora della «persona umana vista come una patente a punti», che scalano con le disabilità. Infine, non ci sta alla logica del caso pietoso e parla di «strumentalizzazione di casi paradigmatici» per spingere «un bisogno che non c’è», quello di morte, che «non è un diritto, ma un fatto». Melazzini, intervistato da Marco Piazza di Telehon, anche lui presente ieri, è il protagonista di un altro libro Un medico, un malato, un uomo (Lindau), in cui racconta con la consueta lucidità se stesso, «come uomo prima ancora che come malato. Spero che mi leggano i sani. E anche qualche politico». Chiamati in causa ieri, non hanno potuto partecipare – bloccati in Senato dalla conversione in legge del decreto sulla sicurezza – né il presidente della Commissione Igiene e Sanità di Palazzo Madama Ignazio Marino, né il ministro della Salute Livia Turco. A quest’ultima ha accennato Melazzini: «È una persona molto attenta, qualcosa lo sta facendo, ma potrebbe fare di più». C’erano invece Antonio Palmieri, un altro dei promotori della sottoscrizione, Elisabetta Gardini e Domenico di Virgilio, tutti e tre di Forza Italia. «La manifestazione di oggi è monopartisan – ha spiegato Palmieri –, ma me ne farò promotore tra tutti i colleghi parlamentari. L’iniziativa è a carattere popolare. L’obiettivo è quello di coinvolgere tutti i cittadini, a ogni livello, a partire dal Capo dello Stato». Questi sono temi che «dovrebbero suscitare una discussione senza barriere o pregiudizi», al di là delle logiche di appartenenza e schieramento, aveva esordito il moderatore dell’incontro, il direttore del Tg2 Mauro Mazza.
Partita raccolta di firme online, che punta a superare 10mila adesioni da presentare al capo dello Stato.
GIANNI SANTAMARIA

domenica 25 novembre 2007

Il mio personale ricordo di Mons.Zaccheo, uomo di Carità


Dobbiamo essere molto riconoscenti al Signore che ci ha donato per dodici anni la guida attenta di un buon Vescovo.
Monsignor Germano Zaccheo era un uomo di Carità.
E ce lo comunicò già il giorno del suo ingresso con un modo di fare semplice, privo di eccessiva forma. Al suo arrivo ad esempio, se ricordate, variò il protocollo facendo attendere le autorità soffermandosi prima a salutare gli ammalati.
Poi commentando la scelta del motto legato alla parabola di Zaccheo nell’omelia ricordo bene che si soffermò sul fatto che anche chi non aveva casa, perché era sofferente o ammalato, aveva diritto ad averne una, e in particolare, avevano necessità queste persone, della casa della carità, di accoglienza.
E mi stupì citando in quell’occasione Mons. Oreste Minazzi che lui non aveva mai conosciuto, pioniere della carità per la sua lungimiranza e attenzione agli ultimi nella realizzazione dell’Opera Diocesana di Assistenza.
Disse che con grande gioia era venuto a conoscenza della fioritura nella nostra diocesi di case che accolgono persone con handicap; persone anziane rimaste sole (e tra di essi vi è chi una casa non l’ha e magari non l’ha mai avuta) accolte in una casa comune. Lì trovano fraternità e speranza.
Si ripromise già in quella sede di essere “presenza vivificante in quelle case ove anche le persone che sono chiamate a soffrire possano soffrire con speranza”.
A distanza di anni posso dire che il nostro Vescovo non è stato solo una presenza, ma è stato anche lievito. Ci ha presentato la strada da percorrere. E’ stato padre, fratello e guida per le iniziative dell’Opera Diocesana Assistenza. E’ sempre stato al nostro fianco. Si è sempre attentamente fatto parte di ogni problema, donando a chi ha avuto la fortuna di essere al suo fianco anche la soddisfazione e il merito della buona soluzione di quei problemi. E poi come non ricordarlo affettuosamente a coccolarsi i “ragazzi” della casa del giovane e della casa famiglia.
Ho collaborato con Mons. Zaccheo anche in altri ambiti, e come uomo di carità lo ricordo in molte attività diocesane legate alla Caritas: a fianco delle popolazioni alluvionate del 2000, testimone diocesano nella campagna della remissione del debito ai paesi poveri, o al fianco dei tanti obiettori di coscienza della Caritas. Lo ricordo ancora al cosiddetto “pranzo dei poveri” all’Istituto San Vincenzo prima e al Centro di Ascolto poi.
E ovviamente non posso non ricordarlo col portafoglio personale in mano a offrire un poco di denaro a chi gli chiedeva una mano.
Era l’uomo della speranza e svolgeva il suo compito anche con la carità più spiccia – da molti (me compreso) spesso sottovalutata - che quotidianamente donava a coloro che bussavano alla sua porta.
Rileggendo in questi giorni i suoi interventi relativi alla “Carità” pubblicati sulla Rivista Diocesana mi sono fatto l’idea che la sua definizione di Carità era quella affermata nella prima lettera di Giovanni: “ Dio è Amore”. Ovvero l’amore per Dio e per i fratelli.
E in questa prospettiva, ricordando che Gesù era venuto ad evangelizzare i poveri, dobbiamo riconoscere che Monsignor Zaccheo identificava Gesù Cristo nel “prossimo” che bussava alla sua porta.
Le situazioni di miseria, a cui oggi molti di noi, rischiano di non dare più ascolto, (per inciso nei telegiornali di eventi come il recente ciclone in Bangladesh che ha causato circa diecimila vittime e centinaia di migliaia d sfollati senzatetto, se ne è parlato per un solo giorno) non lo lasciavano indifferente e si può chiaramente dire che – mescolando due famose parabole - i tanti “Lazzaro” che ha conosciuto in lui hanno sempre incontrato non il fariseo ma il “buon samaritano” che si preoccupava di tutto.
Evolvendo questo concetto non si può poi non citare la sua missionarietà dimostrata dal Benin all’Argentina, dal Togo alla Slovacchia e la sua vicinanza al mondo del lavoro.
In particolare in questi ultimi anni, in cui l’aspetto economico per i molti lavoratori di aziende in difficoltà è diventato sempre più pesante da sopportare. E’ sempre stato vicino anche a loro impegnandosi anche in prima persona – da splendido comunicatore quale era - nella mediazione e nel far riconoscere i diritti dei più deboli. In chiusura un ricordo personalissimo: in lui ho sempre trovato fiducia e quando ho scelto di dire la mia, andando controcorrente, andando contro al “si fa così” o all’ “abbiamo sempre fatto così” in pochi ho trovato accoglienza e solidarietà. In lui sempre. Grazie ancora Eccellenza.

mercoledì 21 novembre 2007

Addio Mons. Zaccheo


Alla vigilia della "Presentazione della B.V. Maria" ieri sera al Santuario di Fatima è mancato il nostro amato Vescovo, Mons. Germano Zaccheo, causa infarto.Vi rimando a http://www.vitacasalese.it/ per avere le ulteriori informazioni e la data del funerale.
Tutte le sere sarà recitato il rosario in cattedrale alle 21, fino al giorno del funerale.

Una preghiera.

Monsignor Zaccheo, credeva ai "Segni".Lo ha sempre detto.E la sua morte è un "Segno".
E' infatti mancato il giorno in cui la liturgia quotidiana riprendeva il brano evangelico di Zaccheo e del siccomoro. E' morto a "casa di Maria", al Santuario di Fatima, con l'Oftal, proprio alla vigilia della Presentazione della Beata Vergine.

Per quel poco che so, la festa religiosa è importante non solo perchè in essa vien commemorato uno dei misteri della vita di Maria che Dio ha scelto come Madre del Suo Figlio e come Madre della Chiesa, ma soprattutto perchè ricorda anche la "presentazione al Padre Celeste di Cristo" e di tutti I cristiani.

E il nostro Vescovo, innamorato di Maria, si è presentato a Dio proprio in questa occasione. Alla vigilia anche di un "anno mariano" da lui indetto in occasione del 150^ della prima apparizione di Maria a Lourdes.Credo proprio che "la visita di Maria nelle nostre parrocchie" e il prossimo pellegrinaggio a Lourdes dell'estate 2008, "Segni" di questo anno pastorale, saranno anche (o soprattutto) la memoria del nostro caro Vescovo.

Alberto Busto

A questo indirizzo http://oftalcasale.blogspot.com/2007/11/ripartiamo.html trovate l'articolo per il numero di Oftalinforma in distribuzione, che Mons. Zaccheo ha scritto sull'anno mariano.
Anche qui un segno. Il titolo è "La visita di Maria"!

domenica 11 novembre 2007

Il "tragico errore" della A1


ANSA - Tensione dopo l'uccisione di Gabriele Sandri, il tifoso laziale colpito stamane da uno sparo esploso dall'arma di un poliziotto nell'area di servizio Badia del Pino sull'A1, ad Arezzo. Di 'tragico errore' ha parlato il questore Vincenzo Giacobbe."Il nostro agente era intervenuto per evitare che i tafferugli tra due esigui gruppi di persone che non erano stati individuati come tifosi degenerassero con gravi conseguenze per entrambi. Esprimo profondo dolore e sincere condoglianze alla famiglia della vittima".

AVVOCATO, COLPITO AL COLLO MENTRE ERA IN AUTO - Sarebbe stato colpito nella parte posteriore del collo, mentre si trovava in auto, Gabriele Sandri, 26 anni, il tifoso laziale morto stamani nell'area di servizio di Badia al Pino sull'A1. E' quanto ha riferito l'avvocato Luigi Conti, arrivato alla caserma della polizia stradale di Arezzo, e che si e' qualificato come un amico della famiglia della vittima. Sempre secondo quanto spiegato, il proiettile sarebbe entrato nella vettura, una Megane, infrangendo il lunotto posteriore sinistro. L'auto, dopo l'accaduto e' stata portata alla caserma della polizia stradale di Arezzo, con all'interno la salma. Il corpo di Sandri e' stato poi rimosso intorno alle 13.30.


Magari sarò smentito dalle notizie vere (finora solo chiacchiere), ma le prime notizie frammentarie non hanno fatto altro che creare confusione.
Il calcio c'entra poco in questa storia. Se c'è una rissa (potrebbe essere tra tifosi, tra massaie, tra stranieri, tra persone di religione diversa...) e cerca di intervenire a sedarla la polizia, dall'altra carreggiata (a radio24 poco fa hanno detto che chi litigava era nella piazzola direzione nord, la polizia nella piazzola direzione sud e leggo ra dall'ansa che la vittima era seduta in auto al momento dello sparo), sparando... secondo me il calcio, e tutte le parole che sentiremo nei prossimi giorni su questa storia, non c'azzeccano.

Certamente da oggi sarà impossibile garantire con la polizia la sicurezza negli stadi.


sabato 10 novembre 2007

La china fatale

C'è un articolo dei Avvenire di ieri che mi ha reso estremamnete triste.
E' tremendo pensare che le nostre radici possano essere accantonate per non "infastidire qualcuno".
Quel qualcuno penso anche che non penserebbe mai di chiedere ciò che qualcun'altro impone in nome della sensibilità altrui.
Tra l'altro musulmani ed altre religioni non usano altri calendari?
Leggete e valutate voi

SPERPERO DELLA NOSTRA IDENTITÀ
CHINA FATALE.
NESSUNO CI CHIEDE DI ABBRACCIARLA
da Avvenire del 9 novembre 2007

Dagli Stati Uniti viene la proposta di togliere dalla datazione l’acronimo d.C. (perché il riferimento a Cristo offen­derebbe chi è musulmano, o di altra reli­gione) e sostituirlo con e.c. (era comune).
In Gran Bretagna una scuola avrebbe in­dotto gli alunni e le loro famiglie a prati­care per un giorno costumi musulmani: uso del chador per le ragazze, separazio­ne tra ragazze e ragazzi, tra uomini e don­ne siano genitori o insegnanti. Però, a­lunni, docenti e genitori, erano per il 90 per cento di religione cristiana.
Questi gli ultimi segni di una china fata­le che l’Occidente sta vivendo in tema di multiculturalità.
I precedenti più prossimi sono noti. In I­talia, un alto tribunale ha perdonato due genitori per le percosse inflitte alla figlio­la Fatima perché la tradizione da cui pro­vengono le giustificherebbe.
In Germa­nia, un giudice ha diminuito drastica­mente la pena a chi aveva commesso vio­lenza carnale perché la sua tradizione sar­da legittimerebbe in qualche modo la pre­varicazione sulla donna. A differenza che in passato, né a Roma né a Berlino si è trovato un giudice vero, cioè equo e u­mano.Io credo si debba riflettere su un elemen­to importante.
Siamo di fronte ad una chi­na fatale che nessuno ci chiede di per­correre, a una condanna che ci infliggia­mo da soli, come presi da una bramosia di anonimato che oscura tante cose, per­si in un orizzonte di autopunizione nel quale ci rinchiudiamo.
La nostra storia, le grandi svolte spirituali che ci hanno fatti come siamo, che hanno cambiato il mondo e il genere umano, tutto ciò può essere nascosto, messo nell’angolo, per i­gnavia o per paure inesistenti.
In questo modo, facciamo tutto il con­trario di ciò che la multiculturalità po­trebbe essere, cioè molteplicità e ric­chezza, incontro di identità e confronto di valori.
Il messaggio di Gesù è grande e decisivo per i cristiani, ma è rispettato, a­scoltato in tutto il mondo, come abbiamo potuto vedere negli incontri che Giovan­ni Paolo II e Benedetto XVI hanno avuto e hanno con i leader religiosi del pianeta.
A loro volta, i cristiani rispettano i valori e le esperienze spirituali di altre religioni come un patrimonio che può portar frut­ti e benefici.
Dall’incontro tra le religioni può iniziare un cammino di cui non conosciamo le tappe e gli esiti, ma che interessa l’uma­nità intera.
Ma nascondere, svilire, la sto­ria e il ruolo di una religione o dell’altra, incontrarsi facendo finta che non abbia­mo radici, tutto ciò non porta al dialogo interreligioso, porta a dialoghi finti, pone i presupposti di nuovi conflitti.Concepire il dialogo chiedendo a ragaz­ze non musulmane di indossare il cha­dor è avvilente, toglie autenticità al rap­porto interpersonale, impedisce una ve­ra conoscenza reciproca.
Così come le­gittimare pratiche violente con le tradi­zioni culturali vuol dire tornare indietro di secoli, fare del diritto uno strumento di legittimazione del più forte, anziché di af­finamento del costume sociale.
La mul­ticulturalità è stravolta, finisce con l’of­fendere quei principi religiosi che gli uomini avvertono e sentono nella propria coscienza.
Di fronte a tanti fatti preoccupanti, a scelte distorte che trasformano le nostre so­cietà in terreni di battaglia, è necessaria una presa di coscienza da parte di tutti.
Nell’incontro leale, che si realizza con la propria autenticità religiosa, si constata quante cose abbiamo in comune e si per­corre una strada che stempera gli errori del passato.
Ma un incontro mimetizzato è inficiato dall’ipocrisia, dal nascondimento.
Ce­lando i segni del cammino spirituale del­l’umanità ci si adagia ad una visione piat­ta della persona, della sua storia, delle sue idealità, si aggiunge un piccolo tassello a una concezione nichilista che mortifica e umilia.
A questa concezione si può ri­spondere con un atto di fiducia nell’essere umano, e nella sua capacità di vivere con gli altri nel rispetto delle rispettive religioni e identità culturali.
Carlo Cardia

lunedì 5 novembre 2007

Addio don Oreste


Un ricordo personale di circa diciotto anni fa. Partecipo al Convegno Nazionale delle Caritas Diocesane a Collevalenza in rappresentanza della mia diocesi. Scelgo di alloggiare in camera doppia, ma non ho un compagno di stanza. L'organizzazione quando mi dà la camera mi dice che la condividerò nientepopodimeno che con don Oreste che era chiamato a fare una testimonianza.
Attendo con impazienza la giornata del suo intervento e alla fine di esso scopro quello che agli organizzatori era sembrata la cosa più ovvia. Non dormirà a Collevalenza e rientrerà subito al lavoro... nella sua Rimini. Che delusione per me. Che grande uomo lui!!!

LA PROFEZIA DI DON ORESTE UN MENDICANTE D’ANIME SUI VIALI DELLA RIVIERA ROMAGNOLA

MARINA CORRADI Avvenire, 3.11.2007

« Se chiama qualcuno dalla strada e vuole venirne via, dare subito il numero di cellula­re di don Oreste». La scritta in ca­ratteri grossi, neri, dietro la scri­vania in una stanza di via Grotta Rossa a Rimini, era imperiosa. L’ordine della casa, cui nessuno poteva contravvenire. Nel caso di un barlume di ripensamento, magari nello sfinimento di un’al­ba livida su un viale di periferia, don Benzi – 58 anni di sacerdozio – sapeva che bisognava esserci, subito: prima che la rassegnazio­ne seppellisse il principio di una sparuta speranza.Il vecchio prete morto nel suo let­to, nel sonno, tra la notte dei San­ti e quella dei Morti, aveva sotto la tonaca lisa qualcosa di una sta­tura epica. A seguirlo nel fondo delle notti riminesi, nei giri in cui raccattava prostitute e drogati per convincerli a cambiare vita, si a­veva inizialmente l’impressione di uno straordinario don Chi­sciotte. Le ragazze dei viali guar­davano come un folle gentile quel prete coi capelli bianchi che pro­metteva una vita diversa. Pareva, ad accompagnarlo in quelle bol­ge notturne, surreale il dialogo fra un sacerdote ottantenne e rume­ne o nigeriane diciottenni. Cre­devi che quelle ragazze sarebbe­ro scoppiate a ridere. Invece no: lo ascoltavano, infastidite prima, poi meravigliate. Guarda, diceva il vecchio nella luce rossastra dei falò, che tu non sei nata per vive­re così, guarda che puoi ricomin­ciare tutto da capo. E sotto il truc­co pesante, da marciapiede, due occhi lo guardavano, stupiti, do­po tanto tempo, nel sentirsi guar­dare come qualcosa di prezioso. Cinquecento donne hanno cam­biato vita incontrando una notte quel prete. Un cacciatore d’ani­me sui viali della riviera roma­gnola; o, più che cacciatore, un mendicante. Gentile, ostinato, al­lungava tenacemente la mano. Non si arrendeva mai. Un combattente, anche. Uno che si alzava alle 5 del mattino e diceva le Lodi e il rosario in macchina, in viaggio verso uno dei 33 centri della Comunità Giovanni XXIII. Tuttavia, il mare di cose che riusciva a fare, a stargli accanto solo per qualche ora, pareva quasi un secondo lavoro rispetto al vero centro delle sue giornate: la preghiera, ora esplicita, ora inte­riore. Baricentro costante e si­lenzioso. Era strano vedere un sa­cerdote in tonaca nera fra la fol­la vociante e sguaiata delle notti di Rimini. E arrancandogli ac­canto – a 80 anni, alle due di not­te don Oreste non era stanco – domandavi se non si sentiva a di­sagio, in quel caos. «A disagio? Qui sto benissimo. Faccio con­templazione. Cerco Cristo nella faccia di tutti quelli che incon­tro ».È stata la profezia di don Benzi: per trovare Dio non occorre chiamarsi fuori dal mondo, o frequentare buone compagnie. In mezzo agli uomini invece, nelle loro notti avide o smarrite, a ri­conoscere cosa c’è davvero dietro quell’ansia di vivere – che cosa at­tendono e non trovano, nell’eb­brezza del buio e dell’estate, in fondo a nessun gioco o bicchie­re. In mezzo agli uomini, tra di lo­ro e anzi tra quelli che crediamo peggiori. A testa alta, sicuro – ep­pure sempre con quella mano a­perta e tesa. Ci resterà, di don Benzi, il ricordo di un colloquio nel suo studio con una giovane prostituta africana appena sfuggita ai suoi protetto­ri. Guardavamo in basso, e così abbiamo notato i piedi. Quelli della ragazza, neri, agili come di una gazzella inseguita, e irrequieti di paura. Quelli di don Oreste, le scarpe grosse con le suole con­sunte da prete di marciapiede. Immobili, piazzati a terra come colonne. Come di chi ha radici di una fede profonda, e non oscilla, e non ha paura di nessuno.

venerdì 21 settembre 2007

Privilegi per la Chiesa? Realtà o fantasia

Mi sono imbattuto in un blog dove ho letto che la Chiesa vive alle spese dello Stato e gode di riservati ed esclusivi privilegi. Così a parer mio non è.
Qui sotto la mia risposta e l'articolo con il link del blog che "tanto per cambiare" bersaglia la Chiesa.

Sicuro che solo la Chiesa goda dell'8 per mille? Credevo si potessero avere più scelte?
Sicuro che gli immobili commerciali di proprietà della Chiesa non paghino l'Ici? Chiedi bene al tuo commercialista?
Sicuro che il San Raffaele sia ancora di proprietà della Chiesa?
Sicuro che tutte le scuole private siano della Chiesa cattolica?
Sicuro che l'abbattimento del 50% dell'Ires sia solo per la Chiesa? Confonderai mica gli Enti non commerciali con la Chiesa?
E mi fermo qui.
D'accordo che molte scuole private sono cattoliche, molti enti non commerciali sono della Chiesa, ma i vantaggi non sono solo per la Chiesa. Oggi soprattutto.
Oggi politicamente nessuno è favorito come le cooperative; altro che la Chiesa! Se devi iniziare un'attività solo con le coop riesci ad ottenere finanziamenti a fondo perduto.
Però scagliarsi contro la Chiesa fa fine...
Prima di dare arroganti lezioni alla Cei e a Bertone sul non pronunciare falsa testimonianza, fai un esame di coscienza e verifica anche la prova contraria. Non vorrei che ti ritrovassi anche tu col naso di Pinocchio.


blog
http://www.terzoocchio.org/comments.php?id=476_0_1_
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I privilegi fiscali economici e fiscali di cui gode la Chiesa Cattolica nei confronti dello Stato Italiano, alla faccia della laicità dello stato.
I privilegi della Chiesa Cattolica
01 Sep, 2007 di SKA su L'ora di religione
In questi ultimi giorni si è fatto un gran parlare dei privilegi economici e fiscali della Chiesa Cattolica, soprattutto per la richiesta di "informazioni supplementari" da parte dell’Unione Europea. Il tutto ha avuto culmine con le parole di Betori che dichiara "Qualcuno vuole buttare fango sulla Chiesa facendo credere che la Chiesa goda di privilegi. Questo è assolutamente falso". A Bertone, ricordando l’8° Comandamento che recita “Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo.”, ricordiamo anche tutti i privilegi di cui gode tranquillamente la Chiesa Cattolica e che sono spesso oggetto di un dilagante e colpevole, a mia detta, silenzio.
Partiamo dalla Costituzione Italiana per porre le basi del discorso “Stato e chiesa cattolica sono ciascuno, nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”. Quindi si presume che lo debbano essere anche economicamente. Ne avevo parlato qualche tempo fa con l’articolo "La multinazionale chiamata Chiesa Cattolica" in cui si faceva un rapido excursus del potere economico acquisito dalla Chiesa, spesso a discapito dello Stato stesso.
Qui parliamo invece dei veri e propri privilegi economici e tributari.
8 per Mille E’ l’argomento di cui più spesso si parla, credendo di saperne quasi tutto. Riprendendo ciò che era scritto nell’articolo precedente. L’"8 per mille” è una percentuale detratta dal gettito dell’IRPEF. Grazie ad esso la Chiesa riceve attualmente circa un miliardo di euro. Una cifra non destinata ad opere di carità come vorrebbero farci credere. In base ai dati della CEI relative al trienni 2002-2004 i fondi sono destinati per il 20% a interventi caritativi, 34% al sostentamento del clero e 46% per esigenze di culto. E siccome “In caso si scelte non espresse da parte dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse”, soltanto un terzo degli Italiani sceglie a chi devolvere l’8 per mille, quindi l’85% va ogni anno alla Chiesa Cattolica. L’8 per Mille inoltre, come molti credono, non va direttamente allo Stato Vaticano, ma direttamente nelle casse della Conferenza Episcopale Italiana.
ICI (Imposta Comunale sugli Immobili) * La Chiesa Cattolica gode dell’esenzione totale dell’ICI relativamente ai fabbricati destinati in via esclusiva all’esercizio del culto e le relative pertinenze. Dal 2007 (con la finanziaria del centro-sinistra)è invece prevista anche l’esenzione dell’Ici per gli immobili adibiti a scopi commerciali per la Chiesa, basta “che sia mantenuta una piccola struttura destinata ad attivitá religiose.” Il mancato gettito annuale per i comuni é stato calcolato nell’ordine dei 300 milioni di euro (la Repubblica, 8/10/2005). Anche se in realtà il gettito mancante calcolato sarebbe di 2 miliardi e 250 milioni di euro, circa, complessivi.
IRES (Imposta sul reddito delle società) * È previsto per la Chiesa l’abbattimento dell’Ires del 50% nei confronti degli enti di assistenza e beneficenza e gli altri enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di assistenza ed istruzione.
IRAP (Imposta regionale sulle attività produttive) * La legge Italiana stabilisce che le retribuzioni corrisposte ai sacerdoti non costituiscono base imponibili ai fini dell’IRAP.
Tasse immobiliari e doganali Gli immobili della Chiesa da qualsiasi tipo di tributo, verso lo Stato o qualsiasi altro ente. Mentre le merci provenienti dall’estero (anche dall’Italia) e dirette verso Città del Vaticano o ad uffici della Santa Sede sono sempre ammesse e non sono soggette diritti doganali e dazi, quindi completamente esenti.
Tra il 2004 e 2005 le finanziarie di quegli anni hanno stanziato circa 50 milioni di euro destinati all’Università Campus Bio-Medico che si autodefinisce “opera apostolica della Prelatura dell’Opus Dei che intende operare in piena fedeltà al Magistero della Chiesa Cattolica, che è garante del valido fondamento del sapere umano, poichè l’autentico progresso scientifico non può mai entrare in opposizione con la Fede, giacchè la ragione e la fede hanno origine nello stesso Dio, fonte di ogni verità”
Finanziaria 2005 : 15 milioni di euro per il Centro San Raffaele del Monte Tabor.
Legge n.293/2003: riconoscimento legislativo all’Istituto di studi politici San Pio V con relativo finanziamento previsto di 1,5 milioni di euro annui.
Nel 2003 si è definito ancora più specificatamente il ruolo degli insegnanti di religione cattolica, scelti dai vescovi e pagati dallo Stato Italiano. Nell’Agosto 2003 è stata infatti varata la legge per l’immissione in ruolo degl insegnanti di religione, circa 35.000, con un costo complessivo che supera il miliardo di euro.
Dal 2000, con la legge n.62/2000, sono state parificate le scuole private a quelle pubbliche e pertanto le scuole private (in larga parte cattoliche) entrano a far parte in pieno titolo del sistema di istruzione nazionale e vengono trattate alla pari anche sul piano economico. La legge istituiva 300 miliardi annui delle vecchie lire per le scuole private. Nel 2005 il Ministro Moratti specifica che lo Stato Italiano debba svolgere “partecipazione alle spese delle scuole secondarie paritarie”.
Sempre secondo i dati del 2005 i fondi elargiti alle “scuole secondarie non statali” ammontavano a 500 milioni e 500 mila euro (circolare ministeriale n.38 del 22 Marzo 2005).
Ricordiamo anche che i funzionari della Chiesa sono stipendiati dallo Stato Italiano in base all’Art. 11 del Concordato con la Chiesa Cattolica, che in pratica al primo comma stabilisce la libertà religiosa all’interno dei corpi delle Forze Armate ed altri enti statali. Al comma 2 però si stabilisce che l’assistenza spirituale a quegli stessi enti è assicurata da ecclesiastici nominati dalle autorità italiane competenti e su designazione dell’autorità ecclesiastica. Con una serie di accordi caso per caso si stabilisce che su indicazione della Chiesa lo Stato Italiano debba pagare una retribuzione per la libertà di culto.
Per ulteriori cifre relative ai privilegi della Chiesa leggete anche "La multinazionale chiamata Chiesa Cattolica".
Fonti utili: Articolo de Il Sole 24 Ore Privilegî economici e fiscali della Chiesa cattolica - Relazione di Silvio Manzati al convegno nazionale sulla laicità tenuto a Verona il 14 ottobre 2006 I Privilegi della Chiesa Cattolica - CalogeroMartorana.it Patti Lateranensi Testi integrali delle varie versioni dei Concordati Lateranensi

sabato 23 giugno 2007

...e gli ebrei difendono Allam da Lerner!

L'incontro con Magdi Allam mi ha un po' cambiato.
Mi ha "chiamato" a non tacere. A dire ciò che penso.
I due pezzi pubblicati oggi sono da leggere uno dietro l'altro.
Prima le assurdità di Lerner e poi la presa di posizione delle comunità ebraiche, contro Gad Lerner.

Gli ebrei difendono Magdi Allam da Gad Lerner
di Dimitri Buffa
Brutti scherzi fa il politically correct: le comunità ebraiche di mezza Italia e le associazioni di amicizia italo israeliane si sono tutte mobilitate via internet per difendere Magdi Allam dalle acide critiche di Gad Lerner, uno degli ebrei di sinistra più critici con la politica dello stato di Israele.
Tutto è nato da una specie di recensione dello stesso Lerner su
Vanity Fair in cui traspariva un certo astio per l’ultimo libro dello scrittore egiziano intitolato “Viva Israele”. Che evidentemente deve essere un’esclamazione che ha fatto trasalire l’islamically correct di Lerner, noto per avere invitato spesso imam estremisti e gente dell’Ucoii a farneticare le proprie pretese ragioni nel programma “L’infedele”, trasmesso ogni sabato da “la 7”, la ex tv di Tronchetti Provera.
Nell’appello fatto girare via internet e già sottoscritto da decine di persone si legge tra l’ altro che “l’articolo di Gad Lerner uscito su Vanity Fair è un attacco a Magdi Allam, che noi ebrei non possiamo lasciar passare sotto silenzio. Abbiamo, singolarmente, espresso a Magdi tutta la nostra solidarietà e indignazione per le ignobili parole di Lerner. Che, oltre ad essere tali, possono essere, se non giustificate, almeno spiegate. Magdi Allam è in Italia, lui musulmano, vive da anni sotto scorta per il coraggio con il quale difende Israele, è stato minacciato di morte e la sua vita è quindi ogni giorno in serio pericolo. Questa sua dedizione gli è stata riconosciuta a Gerusalemme, con l’attribuzione del Premio Dan David e a Washington con il Mass Media Award dall’ American Jewish Commettee, due istituzioni che non praticano abitualmente lo sport di attaccare Israele, come capita a certi ebrei. Non entriamo in merito al testo di Lerner, ci limitiamo ad accluderlo per chi non lo conoscesse. Chiediamo agli ebrei italiani di firmare questo atto di amicizia e solidarietà per far giungere a Magdi Allam una voce sincera di amicizia e ringraziamento per il suo coraggioso e onesto impegno in favore della verità e della giustizia. E, come lui scrive sempre, per la vita contro la morte.”
L’articolo di Lerner era ambiguo già dal titolo: “La differenza fra traditori e transfughi: lettera a un levantino (come me)”. Nel testo si potevano leggere queste considerazioni: “Caro Magdi Allam, ho ricevuto tuo nuovo libro Viva Israele (Mondadori) con una dedica affettuosa che naturalmente ricambio. Mi rendo conto che ci hai messo l'anima, e che da uno come me ti attenderesti gratitudine per una dichiarazione d'amicizia, o meglio d'identificazione assoluta con la sorte del popolo ebraico e dello Stato d'Israele, che - nonostante le ottime intenzioni - mi lascia addosso invece un senso di disagio.”
Poi dopo avere espresso scetticismo per le posizioni di Allam, Lerner mette le mani avanti e dice di non avere “alcun diritto di farti il processo alle intenzioni”. E tuttavia poco prima parlava anche di riconversione che sa di posticcio. Più precisamente di “enfasi fideistica che esibisci, a me viene da cogliere il suono posticcio della moneta falsa.”
Lerner afferma anche, bontà sua, di non sentirsi turbato dal “ tuo tradimento nei confronti di un'ideologia panaraba zeppa di menzogne.” E aggiunge: “Il mio amico Alexander Langer mi ha insegnato la necessità del tradimento quando si tratta di rompere la gabbia della compattezza etnica. Ma non per saltare armi e bagagli dall'altra parte del muro, bensì per costruire ponti, favorire l'interscambio e la comprensione reciproca, incoraggiare l'autocritica fra la propria gente. Diceva Alex: abbiamo bisogno di traditori ma non di transfughi.”
Poi la chiosa finale, in chiave anti occidentale: “in effetti quel che mi ha dato più fastidio, nel tuo Viva Israele, Magdi, è che pure tu, come tanti nostri nemici, esalti una presunta, mai avvenuta, metamorfosi degli ebrei. Finalmente combattenti. Avamposto della guerra occidentale in difesa della sacralità della vita. Per carità, lasciaci continuare a essere quel che siamo! Certe mascherate sono troppo pericolose in tempo di guerra!”
Fin qui le accuse di Lerner a Allam, che si sostanziano in quella di essere dalla parte di Israele senza sé e senza ma. Per fortuna quasi tutto il resto degli ebrei italiani non la pensa come lui, ma come l’ottimo giornalista egiziano.


http://opinione.it/pages.php?dir=naz&act=art&edi=128&id_art=3946&aa=2007

la vergognosa recensione di Lerner di "Viva Israele"

La differenza fra traditori e transfughi: lettera a un levantino (come me)
Magdi Allam, arabo, esprime nel suo libro un’identificazione totale con Israele. Che a me, ebreo, dà disagio.
Caro Magdi Allam, ho ricevuto tuo nuovo libro Viva Israele (Mondadori) con una dedica affettuosa che naturalmente ricambio. Mi rendo conto che ci hai messo l’anima, e che da uno come me ti attenderesti gratitudine per una dichiarazione d’amicizia, o meglio d’identificazione assoluta con la sorte del popolo ebraico e dello Stato d’Israele, che – nonostante le ottime intenzioni – mi lascia addosso invece un senso di disagio. Dapprima ho pensato che fosse solo una questione di tono. Per motivare la riconversione di un arabo egiziano alle buone ragioni universali d’Israele, la civiltà contro la barbarie, la vita contro la morte, autoproclami te stesso titolare di una nuova fede assoluta e incrollabile. Nobile e coraggioso è il tuo nuovo pensiero guida – la sacralità della vita – per il quale hai prescelto due portabandiera affiancati del calibro d’Israele e della Chiesa di Benedetto XVI. Più naturalmente un punto cardinale di riferimento: l’Occidente. Qui il confronto con l’infedele che ti scrive è impari. Posso solo inchinarmi al cospetto della tua rinascita spirituale. Fede assoluta e incrollabile? Tanto fragile, scettica, incoerente è la mia povera fede di povero mortale, da farmi avvertire estraneo il tuo faraonico Sturm und Drang. Lo so che ho torto, ma in tutto quel po’ po’ di enfasi fideistica che esibisci, a me viene da cogliere il suono posticcio della moneta falsa. Perché? Non ho alcun diritto di farti il processo alle intenzioni. Posso solo esprimerti solidarietà per le minacce recate alla tua sicurezza personale dagli islamisti che denunci ogni giorno sul Corriere e in Tv, mettendoci la firma e la faccia. E allora? E allora non è questione di tono, tu devoto io infedele, tu coraggioso io fifone.
Noi abbiamo più o meno la stessa età. Come tanti altri siamo arrivati entrambi in Italia per caso, dalla nativa sponda Sud del Mediterraneo. Quella guerra fulminea che Israele vinse in sei giorni quarant’anni fa, nel 1967, spezzando la tenaglia degli eserciti arabi che tentavano di distruggerlo, e conquistando vasti territori ancor oggi in larga misura purtroppo occupati, rappresenta un culmine emotivo della nostra adolescenza. Forse un giorno scriverò anch’io la mia Israele del ’67, la partecipazione minuto per minuto al conflitto, la famiglia tutta salva, la visita stupefatta – con mio padre – ai luoghi della vittoria miracolosa dallo stretto di Tiran fino al Golan, imbattendomi per la prima volta nelle case di fango dei profughi palestinesi in Cisgiordania, e dappertutto una voce flautata che cantava Jerushalaim shel zaav, cioè «Gerusalemme d’oro». Hai fatto bene a raccontare il Cairo nei giorni della sconfitta, con gli occhi di un ragazzino nazionalista. Perché l’umiliazione e l’infelicità araba che ne scaturirono sono fattori potenti di una guerra in cui siamo tuttora immersi. Né mi turba il tuo tradimento nei confronti di un’ideologia panaraba zeppa di menzogne. Il mio amico Alexander Langer mi ha insegnato la necessità del tradimento quando si tratta di rompere la gabbia della compattezza etnica. Ma non per saltare armi e bagagli dall’altra parte del muro, bensì per costruire ponti, favorire l’interscambio e la comprensione reciproca, incoraggiare l’autocritica fra la propria gente. Diceva Alex: abbiamo bisogno di traditori ma non di transfughi. È il senso di complicità che avvertivo quando mi accompagnasti nel ’98 ad Algeri. Portavo nella prima serata televisiva italiana una denuncia dell’integralismo islamico che all’epoca non ti vedeva ancora sensibile come oggi. Ma eravamo, io e te, qualcosa di antico da cui non si sfugge con i proclami e con le finte metamorfosi: due levantini. Sì, proprio gente di Levante, dai fenici alle repubbliche marinare, dai mercanti ai caravanserragli su e giù per le città cosmopolite di qui e di là del mare. Sanguemisti. Cabibbi. Gente d’outre-mer. Bastardi, per fortuna. Accomunati da una levantinità che solo gli ignoranti di storia mediterranea possono additare come una tara. In effetti quel che mi ha dato più fastidio, nel tuo Viva Israele, Magdi, è che pure tu, come tanti nostri nemici, esalti una presunta, mai avvenuta, metamorfosi degli ebrei. Finalmente combattenti. Avamposto della guerra occidentale in difesa della sacralità della vita. Per carità, lasciaci continuare a essere quel che siamo! Certe mascherate sono troppo pericolose in tempo di guerra!

http://lerner.style.it/archive.php?eid=9

venerdì 22 giugno 2007

Il ringraziamento di Magdi Allam

Aderendo all'iniziativa, giunge il graditissimo ringraziamento di Magdi Allam.
Chi volesse aderire deve scrivere una mail all'indirizzo salviamoicristiani@gmail.com
Maggiori informazioni sull'iniziativa su questo blog.
Caro amico, grazie di cuore per avere aderito a questa manifestazione perdenunciare la persecuzione e l'esodo dei cristiani dal Medio Oriente e peraffermare il diritto alla libertà religiosa e il valore della sacralitàdella vita e della dignità della persona ovunque nel mondo. Ci vediamomercoledì 4 luglio alle ore 21 a Roma in Piazza S.S. Apostoli. Cordialisaluti e i miei più sinceri auguri di ogni bene, Magdi Allam.

giovedì 14 giugno 2007

una grande manifestazione per la vita, la dignità e la libertà dei cristiani e per il riscatto dell’insieme della nostra civiltà umana


A Roma il 4 luglio la "Manifestazione nazionale contro l'esodo e la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente, per la libertà religiosa nel mondo"
Appello per una “Manifestazione nazionale contro l’esodo e la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente, per la libertà religiosa nel mondo ”Dopo aver ascoltato e fatto nostro l’ “accorato appello” del Papa Benedetto XVI ad agire per porre fine alle “critiche condizioni in cui si trovano le comunità cristiane”, abbiamo deciso di promuovere una “Manifestazione nazionale contro l’esodo e la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente, per la libertà religiosa nel mondo”. Noi non possiamo più continuare ad assistere inermi alle barbarie che stanno costringendo milioni di cristiani negli Stati arabi, musulmani e altrove nel mondo a fuggire dalle loro case e dai loro paesi. Al contempo noi denunciamo le violenze contro i religiosi e i fedeli cristiani che pagano con la vita l’impegno e la fedeltà a testimoniare la propria fede. La presenza dei cristiani si va assottigliando sempre più: dalla prima guerra mondiale circa 10 milioni di cristiani sono stati costretti a emigrare dal Medio Oriente. Una fuga simile alla cacciata degli ebrei sefarditi che, da un milione prima della nascita dello Stato di Israele, si sono ridotti a 5 mila. Invitiamo pertanto tutti gli uomini di buona volontà, al di là della loro fede, etnia e cultura, a partecipare alla manifestazione nazionale che si terrà mercoledì 4 luglio a Piazza Santi Apostoli a Roma alle ore 21. Sarà una grande manifestazione per la vita, la dignità e la libertà dei cristiani e per il riscatto dell’insieme della nostra civiltà umana.


Per aderire: salviamoicristiani@gmail.com

mercoledì 13 giugno 2007

La miseria dell'avaro

L'avaro vive da povero, e muore ricco. Ogni tanto le cronache confermano fatti che si ripetono da secoli: il vecchietto che cercava l'elemosina davanti a una chiesa muore e nella sua casa misera vengono alla luce pacchi di soldi e libretti bancari. Aveva ragione san Bernardo quando definiva l'avarizia come «un continuo vivere in miseria per paura della miseria». Anzi, per stare ancora ai santi, è nota la battuta attribuita a sant'Antonio da Padova, che oggi la liturgia festeggia, di fronte al funerale di un avaro ricchissimo: «Il suo cuore non riusciranno a seppellirlo, perché era troppo attaccato ai soldi!». Sopra ho citato un'altra battuta, simile a un proverbio, proposta da un giornalista, Vittorio Buttafava (1918-1983). Decine e decine di altri aforismi su questo vizio li ho diligentemente collezionati scrivendo nei mesi scorsi un libro proprio sulla storia dei sette vizi capitali. Io, però, vorrei porre l'accento su un altro tipo di avarizia, quello dei sentimenti, una cupidigia a cui poco si bada ma dagli esiti altrettanto deleteri. Si ha, infatti, spesso la tentazione di negare al prossimo non tanto i soldi (un gesto di carità talvolta non costa molto e mette in pace la coscienza) quanto piuttosto il proprio tempo nell'ascolto, nella vicinanza, nella tenerezza. Paradossalmente questa avarizia è molto più seria perché rifiuta non tanto un bene materiale, pur importante, quanto una realtà intima e profonda che non può essere acquistata. Tutti, credo, dobbiamo confessare di esserci negati a chi voleva solo sentirci al telefono per avere una parola buona, di aver evitato chi desiderava essere ascoltato, di aver rifiutato la compagnia a una persona sola e malata. Anche questa è avarizia meschina.
Gianfranco Ravasi http://www.avvenire.it/

lunedì 11 giugno 2007

I NOGLOBAL, BUSH E… IL CORPUS DOMINI

Centomila fedeli in processione non fanno notizia. Decine di scalmanati che protestano, danneggiamo treni e vetrine, viaggiano gratis, si... beh loro hanno il diritto di protestare...
Credo che la mia idea sia molto vicina a quella di Socci che vi propongo qui sotto, da Libero del 9 giugno 2007.
Ho in più aggiunto un link al miracolo di Lourdes, di cui, nonostante molti pellegrinaggi, non avevo mai sentito parlare. Il video toglie il fiato... Guardatelo!


I quattro sciamannati che contestano Bush da giorni hanno l’onore delle prime pagine e delle aperture dei tiggì. Ma le 100 mila persone che giovedì sera, a Roma con il Papa, hanno partecipato alla processione del Corpus Domini fra le basiliche del Laterano e di Santa Maria Maggiore, non hanno meritato neanche una riga di attenzione da nessuno. E’ la dittatura del relativismo. Interessano i cattolici che ad Assisi fanno le marce della pace con Bertinotti, ma non le folle cattoliche che pregando portano per le vie di Roma l’Eucaristia. Cosa volete che sia la notizia di Dio che si fa carne e poi pane…Tutti siamo indotti a pensare che un Casarini che si agita in Trastevere sia più importante. Certo, tutto passa. Sono passati pure Lenin e Stalin, figuriamoci Casarini… Ma noi intellettuali invece pensiamo che siano i vari Casarini, i Silvestri, i Lapo Elkann e le veline, meteore che attraversano le nostre effimere cronache, a far notizia e non piuttosto il Signore della storia, la Bellezza fatta carne, che è fra noi da duemila anni e che ha promesso di restare per sempre. Siamo accecati o banali? Anche se – nelle nostre disperate solitudini laiche - pensassimo che 100 mila romani in processione siano solo folklore oppure – come scrive Odifreddi – ritenessimo che i cristiani siano dei “cretini”, è pur sempre un fenomeno sociale clamoroso. Perché non interrogarsi? Oltretutto a quel mistero che è l’Eucaristia sono state dedicate le nostre cattedrali e i più grandiosi capolavori della nostra arte. Fra i “cretini” devoti a quel mistero troviamo Mozart, Caravaggio, Dante, Raffaello che hanno espresso tutta la loro commozione per il Dio che si fa pane quotidiano. Folle di martiri hanno dato la vita per lui e i più grandi santi sono stati innamorati di Gesù “pane di vita”: da Francesco d’Assisi a Caterina da Siena, da Tommaso d’Aquino a Madre Teresa, da padre Pio a santa Chiara che con l’ostensorio fermò addirittura i saraceni. A far intuire che immane mistero si nasconda in quel pezzo di pane ci sono decine di miracoli eucaristici. Cito due dei più famosi. Quello di Lanciano e quello di Siena. A Lanciano, attorno al 750, un monaco stava celebrando la messa, ma da tempo era assalito dai dubbi: possibile che quella piccola ostia bianca diventi realmente fra le mani del sacerdote il vero corpo di Cristo? Mentre pregava Dio che lo liberasse da questo assillo, vide letteralmente il pane trasformarsi in carne. Atterrito e confuso scoppiò in lacrime. Il clamore fu enorme e quell’ostia di carne è tuttora conservata nella chiesa di San Francesco. Nel 1971 furono fatti esami di laboratorio. Il professor Odoardo Linoli il 4 marzo rese noti i risultati: si tratta di tessuto di cuore umano e sangue umano (emogruppo AB). Inoltre “nel liquido di eluizione dell’antico sangue si riconoscono tutti i componenti del siero di sangue fresco (tracciato elettroforetico) e tutti gli accertamenti fatti sulla carne e sul sangue non hanno mai portato al riconoscimento di materiali estranei, destinati alla conservazione”. Si è scoperto che la carne è parte del ventricolo sinistro di un cuore umano. Il professor Linoli dichiara che l’ipotesi di un falso (cioè di un cuore prelevato da un cadavere) non è convincente per il tipo di tessuto e per come tale tessuto è stato prelevato (“le prime dissezioni anatomiche sull’uomo si ebbero posteriormente al 1300”). Inoltre – studiando la retrazione concentrica del tessuto stesso e come si tentò nell’VIII secolo di fissarlo – il professore ha concluso che questo frammento di cuore, quando il monaco se lo trovò fra le mani, “fosse allo stato vivente”. Un altro caso a Siena. Il 14 agosto 1730 alcuni ladri, nella basilica di San Francesco, rubano la pisside d’argento piena di particole consacrate. Il sacrilegio sconvolge la città. Il giorno 17 le ostie sono ritrovate dentro una cassetta delle elemosine del santuario di S. Maria in Provenzano. Per farla breve, da allora – sono passati 277 anni – si conservano prodigiosamente incorrotte, sebbene il materiale di cui sono fatte sia quanto mai effimero. Analisi scientifiche hanno attestato che sono “intatte e senza sfrangiature”. Conclusione del professor Grimaldi: “Le Sante Particole di Siena sono in perfetto stato di conservazione contro ogni legge fisica e chimica e nonostante le condizioni del tutto sfavorevoli in cui si sono venute a trovare. Un fenomeno eccezionale e straordinario”. Molti altri sono i miracoli eucaristici riconosciuti dalla Chiesa. Poi ci sono gli episodi non ancora riconosciuti come miracoli, anche perché molto recenti, come quello clamoroso accaduto, il 7 novembre 1999, a Lourdes, nella basilica inferiore. Celebrava l’arcivescovo di Lione e con lui il cardinal Lustiger, arcivescovo di Parigi, con molti vescovi d’oltralpe. La messa era trasmessa in diretta dalla televisione francese “Antenne 2” e dunque quello che accadde è tutto documentato (si può vedere su internet scaricando il file all'indirizzo http://www.tonyassante.com/renzoallegri/eucar/indice.htm). Al momento dell’epiclesi, cioè quando i sacerdoti stendono le mani invocando lo Spirito Santo perché il pane e il vino diventino il Corpo e il Sangue di Cristo, si vede chiaramente che la grande ostia bianca si solleva, oscilla e resta sospesa nell’aria per molti minuti, a qualche centimetro dalla patena, fino alla fine del canone. Il movimento con cui si solleva è impressionante. Alcuni esperti hanno analizzato la ripresa escludendo ogni manipolazione tecnica. Un altro fatto inspiegabile pare sia accaduto alla coreana Julia Youn Hong-Son. Il 31 ottobre 1995 partecipa alla messa che Giovanni Paolo II celebrava nella sua cappella privata. Riceve da lui la comunione e qui accade un fatto sconvolgente: sulla sua lingua quell’ostia diventa di carne. C’è un filmato che mostra quando il Papa, finita la messa, giunge davanti a Julia: lei si inginocchia e mostra al Santo Padre il prodigio. Si nota lo sguardo stupito del papa che carezza la guancia di Julia e traccia una croce sulla sua fronte (il filmato è stato mostrato per la prima volta da Piero Vigorelli, a “Miracoli”, su Rete 4, il 18 maggio 2001). Certo su questo episodio come su quello di Lourdes dovrà pronunciarsi la Chiesa. Ma i miracoli eucaristici già accertati parlano chiaro: alla fame di significato, di bellezza, di amore di ogni uomo, Cristo risponde facendosi pane, per sostenerci, trasformarci in Lui e divinizzare perfino il nostro corpo che si disfà e decade ogni giorno: se ci nutriamo di Lui è destinato a diventare un corpo glorioso come quello di Gesù dopo la resurrezione, non sottoposto più ai limiti dello spazio e del tempo, eternamente giovane. Ecco perché i centomila romani sono stati mossi dal desiderio di incontrare - ha detto il Papa - “Gesù che passa per le strade”. Il cardinal Siri, 40 anni fa, in una circostanza analoga alla visita romana di Bush, ebbe a dire: “in questo mondo c’è Kennedy, c’è Kruscev, ci sono tutti gli altri, che nel giro di pochissimi anni non vi saranno più. Vi prego di ricordarvi che in questo mondo c’è Gesù Cristo (con questo è detto tutto!) e che Gesù Cristo è il Figlio di Dio fatto uomo, cioè Egli è l’infinito e il più umano di tutti, l’unico veramente umano perché in un modo non ripetibile dagli altri, è andato in croce per tutti gli uomini…. Questi uomini che se arriva in una città un divo o una diva dello schermo, parlano per qualche tempo solo di quello, ombre effimere, assolutamente effimere e inconsistenti come tutte le ombre! Costoro che non si ricordano che Nostro Signore e Salvatore, quello che è andato in croce per loro, rimane lì nel Tabernacolo, Dio e Uomo, non con la presenza spirituale, ma con la presenza reale...”. Presenza che riempie ogni solitudine, vince il dolore e la morte e ama ciascuno chiamandolo per nome.

Antonio Socci http://www.antoniosocci.it/Socci/index.cfm

lunedì 4 giugno 2007

IL CORAGGIO DI MAGDI ALLAM


Non avrei saputo esprimere meglio i concetti che ho trovato poi su Vita Casalese, e quindi vi propongo l'articolo pubblicato...

Aggiungo solo che il contatto umano che mi ha saputo regalare in quei due minuti di colloquio che abbiamo avuto al momento della firma dell'autografo sul libro sono difficilmente eguagliabili. Mi ha chiesto chi sono, cosa faccio, dove vivo, che lavoro faccio, mi ha chiesto di mia figlia... come un amico. E come si fa solo ad un amico, mi ha confidato che sua figlia studia da assistente sociale. Gli ho detto che molti in quella sala la pensavano proprio come lui, ma non avrebbero mai avuto il coraggio di prendere le posizioni che lui ha invece assunto. E mi ha risposto che bisogna avere il coraggio delle proprie azioni. se siamo capaci di pensare dobbiamo anche saper sostenere le nostre idee! E non è finita qui...

La dedica che ha scritto è molto bella ed è anche il riassunto della serata: A ........., con amicizia e gratitudine per l'impegno sociale e civile, i miei auguri : verità vita e libertà

E’ stato un successo straordinario di presenze e di simpatia l’incontro di sabato sera alla Filarmonica con Magdi Allam, il vice direttore del Corriere della Sera che ha ripreso alcuni temi essenziali svolti nel suo libro “Viva Israele”. Circa 250 persone, ancor prima dell’inizio, affollavano i due grandi saloni contigui per ascoltare il noto giornalista e opinionista televisivo. La serata era stata organizzata dall’Assessorato alla Cultura di Casale, dal Centro Culturale nuovo Areopago, dall’Associazione Amici della Biblioteca, dalla Fondazione Arte, Storia e Cultura ebraica di Casale e dal Centro Culturale Frassati di Torino. Presentato da Paolo Fiandra dell’Areopago, Magdi Allam con chiarezza ha parlato della situazione di gravissimo pericolo per la pace a causa del fondamentalismo islamico, della debolezza culturale e politica dell’Occidente e dei gravissimi rischi per il futuro del mondo. Il titolo dato al suo libro, “Viva Israele”, è molto di più che una provocazione -ha spiegato il giornalista- è la costatazione che la difesa della vita e della libertà deve essere affermata per tutti. “Viva Israele”, perché questa è una situazione emblematica, ma anche viva la vita, viva lo stato della Palestina, viva la libertà di tutti gli uomini in tutti i campi. Dopo le minacce ricevute da Hamas per aver denunciato i kamikaze palestinesi, "la mia vita", sostiene Allam, "è diventata strettamente collegata alla sorte di Israele, per una mia scelta interiore di fede nella sacralità della vita e per una bizzarria del destino che ha voluto che fosse un musulmano laico a battersi in prima linea, anche a rischio di morire, per difendere il diritto all'esistenza dello Stato ebraico". Da anni vive sotto scorta, e almeno sette agenti della Polizia antiterrorismo, più vari carabinieri hanno dato la loro opera nella serata alla Filarmonica per la sicurezza dell’oratore e del pubblico. Anche un ragazzo di grande sensibilità ed educato in una scuola religiosa italiana come lui non era rimasto del tutto immune al pregiudizio anti-israeliano, che venne però spazzato via dalle esperienze successive: "In queste pagine ho voluto raccontarvi il mio lento e sofferto percorso esistenziale dall'ideologia della menzogna, della dittatura, dell'odio, della violenza e della morte alla civiltà della verità, della libertà, dell'amore, della pace e della vita. Fino a maturare il pieno convincimento che, oggi più che mai, la difesa del valore della sacralità della vita coincida con la difesa del diritto di Israele all'esistenza". Ecco perché questo libro autobiografico parla alle coscienze di tutti: dietro l'intransigenza con cui si tutela il diritto di Israele all'esistenza e alla pace c'è la fermezza con cui si protegge la nostra società dai pericoli di infiltrazione e legittimazione dell'ideologia della morte. La sua lucida analisi ha negato che vi sia uno scontro tra religioni. Il fanatismo islamico che è stato occupato dal terrorismo (così come l’Islam si appropriò dell’arabismo – n.d.r.) non è tanto contro i cristiani, ma contro gli stessi islamici moderati o di altre sette (sono circa 500). L’islamismo è una galassia con centinaia di “confessioni” e non c’è un’autorità centrale, perché per i mussulmani il rapporto è diretto con Dio, senza la mediazione del “clero” o di una autorità religiosa. Ha ricordato che in Algeria il terrorismo islamico uccise 200.000 persone tra gli stessi musulmani. L’odio per Israele è fondamentale per il terrorismo islamico, e non solo del Medio Oriente ma anche per quelli delle Filippine o dell’Afghanistan, e per essi non è possibile nessun pragmatismo, perché la distruzione di Israele è un dogma assoluto. Ha sbagliato Condoleeza Rice –commenta Magdi Allam- a fare pressioni su Israele al tempo delle elezioni in Palestina pensando che Hamas al Governo sarebbe diventato pragmatico e avrebbe riconosciuto lo stato nemico. La stessa considerazione bisogna farla per l’Iran, definito un regime nazi-islamico. E’ stato molto severo anche con il nostro Governo per l’atteggiamento morbido del
Ministro degli Esteri D’Alema verso l’Iran, quando disse che se non ci desse più il petrolio ci costerebbe due finanziarie. Ricorda quando Churchill commentando la debolezza degli stati europei che avevano sacrificato Danzica alle mire di Hitler pur di evitare la guerra (che avvenne ugualmente...) disse: “la persona conciliante è come uno che nutre il coccodrillo nella speranza di essere mangiato per ultimo”. I terroristi devono essere distinti tra burattinai e burattini. Una volta c’era la credenza che fossero i disperati nati e vissuti nei campi profughi palestinesi, senza futuro, cui anzi la morte avrebbe assicurato ai familiari delle risorse. I kamikaze sono i burattini, ma adesso sono anche cittadini britannici di buona famiglia, con formazione culturale a volte eccellente nelle migliori università europee o statunitensi. Sono burattinai i miliardari sauditi come Ben Laden che vogliono conquistare l’Arabia Saudita e di lì farne una base di ampio potere economico e politico. E proprio Ben Laden, miliardario (in dollari...) saudita che ha studiato a fondo sia la finanza che la comunicazione prende dall’Occidente tutto il progresso tecnologico e finanziario ma rifiuta la sua ideologia, la sua cultura, la sua civiltà, identificate con il male. In questa globalizzazione tecnologica i terroristi sono diventati maestri. Non c’è dubbio che le due torri gemelle siano state colpite da due aerei dirottati dai terroristi islamici, ma è bastato che sui siti fondamentalisti apparisse un’altra ricostruzione, per cui la distruzione era dovuta agli affaristi americani con il concorso del Mossad (servizi segreti israeliani), che anzi aveva avvertito gli ebrei di non andare alle due Torri, per far sì che una verità e una bugia fossero egualmente accreditate e il fatto terroristico spaventoso fosse in qualche modo allontanato. La globalizzazione delle informazioni, senza controllo delle fonti e della autenticità, rappresenta un pericolo gravissimo, perché se non c’è il senso critico della conoscenza, tutto e il contrario di tutto hanno la stessa appartenenza. Questo ci porta al gravissimo pericolo del relativismo applicato un po’ a tutti i campi: ideologico, religioso, morale. E’ impressionante l’identità di analisi del giornalista con Papa Benedetto XVI, cui ha espresso piena consonanza e apprezzamento per il discorso di Ratisbona dello scorso anno. Al termine vivissimi applausi e moltissimi qualificati interventi hanno consentito di approfondire ancor di più i problemi esposti. Infine l’assessore Calvo si è complimentato con Magdi Allam per la sua chiarissima analisi. E poi gli autografi sul libri, acquistato da tutti i presenti.


p.b. http://www.vitacasalese.it/

mercoledì 23 maggio 2007

Dove c'è un chiodo, c'era il crocifisso


Vi propongo un articolo letto su "Panorama" una decina di giorni fa.
E' tratto dalla rubrica l'arcitaliano di Giuliano Ferrara.



Nella clinica milanese Mangiagalli si praticano 7 mila aborti l’anno. È efficiente, dunque. In questo simbolo della nostra società, che esclude e seleziona gli esseri umani interrompendo per via chirurgica il loro battito cardiaco, si è deciso di essere inclusivi verso gli esseri umani. Come? Togliendo piano piano il crocifisso dal muro, per non urtare la sensibilità dei musulmani o, come si dice adesso, dei diversamente credenti. Il direttore sanitario, Basilio Tiso, ritiene che quella della Madonna sia un’immagine più acconcia alla bisogna del momento: evitare di irritare, o magari compiacere, chi non è cristiano di confessione. Se poi proprio un paziente non ce la fa, e chiede l’immagine di Gesù Cristo in croce, il personale lo ritira fuori del cassetto e lo riappende per l’occasione.Abdelhamid Shaari, capo del centro islamico di viale Jenner, ha ringraziato per il bel gesto il direttore, ma ha aggiunto che si potrebbe e dovrebbe fare di più: meglio un muro bianco, visto che siamo uno stato laico (deve aver letto i libri di Gustavo Zagrebelski). Forse Shaari accetterà che su quel muro bianco, quando ci arriveremo, restino infissi i chiodi per la riattivazione a richiesta del Risorto. I chiodi sono importanti, nella simbologia della croce. In fondo basta che resti il chiodo attaccato, e subito si capirà che lì c’era un crocifisso. Dopo esser serviti al massacro simbolico delle biblioteche cristiane nel film di Ermanno Olmi, i chiodi diventeranno i sostituti della cosa. La nostra identità culturale, la nostra teologia, la nostra fede semplice saranno così appese alla visione di un nudo chiodo su un nudo muro bianco.Che pena mi fa l’ideologia, quando sostituisce la cultura, lo spirito, la compassione e l’identità. Sarebbe così semplice spiegare agli ospiti musulmani di un paese cristiano che quel Cristo in croce è solo un simbolo d’amore, e comunque è il simbolo del paese che cerca di curarli e che fa abortire le loro donne in condizioni crudeli comunque per gli abortiti, ma regolate da una legge che cerca senza trovarla la quadratura del cerchio contro l’aborto clandestino. Non sarebbe impossibile spiegare loro che il nostro spirito di accoglienza è legato a quell’immagine come il nostro rispetto della persona, anche se ormai solo di quella che ce l’ha fatta a nascere.E si potrebbe aggiungere, con le parole del filosofo Karl Löwith, che prima delle nostre alleanze, la vecchia e la nuova, il mondo era un bestiario indifferenziato, e solo dopo ha trovato nell’uomo il suo centro, e nella cultura della persona la sua gloria. Perché mai questa consapevolezza di sé del nostro mondo, nutrita o no di fede, dovrebbe offenderli?Invece no: avanti verso il disarmo dei simboli della caritas e della pietà civile e della storia di questo popolo, di questa nazione, di questa Repubblica fondata sulle libertà compresa quella religiosa. È vero che nello spazio pubblico l’identità religiosa confessionale non deve essere invasiva, è vero che chiunque deve essere libero di amare il suo profeta, di osservare la propria legge spirituale e scritturale o nessuna legge. È vero che, per quelli che hanno Cristo nel cuore, l’averlo anche appeso al muro di un ospedale può cambiargli poco. Ma chiunque capisce che dietro il rifiuto di quell’innalzamento, che è anche un umile abbassamento, sta un fatale equivoco.Abbiamo vergogna di quel che siamo, rinunciamo a essere quel che siamo stati, e ci incamminiamo verso il bianco di un muro relativista. È sbagliato, secondo quel che penso, è radicalmente sbagliato. Sarebbe come cancellare le cattedrali o vietare ai preti di uscire con la tonaca, come accade in Turchia, ma noi non siamo un paese islamico in cui l’esercito ha dovuto impedire la vittoria della sharia, di una legge religiosa fondata sull’esclusione degli infedeli e la loro riduzione alla schiavitù dei dhimmi; noi siamo il paese delle libertà e della laicità cristiana. È anche il crocifisso che fa la guardia a queste libertà.

domenica 20 maggio 2007

Sabato prossimo Magdi Allam a Casale


http://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/unlibroalgiorno/visualizza_new.html_2128605209.html

'VIVA ISRAELE' DI MAGDI ALLAM

'VIVA ISRAELE' DI MAGDI ALLAM(MONDADORI: pagg.206; € 17)
Israele e' un paradigma: rappresenta la cultura della vita contro l'ideologia della morte. Chi difende il diritto alla sua esistenza, si pone - senza se e senza ma - dalla parte della liberta' e della ''sacralita''' della vita. Magdi Allam, musulmano laico, usa parole forti e sa che il suo ultimo libro fara' crescere il numero dei suoi nemici. Ma non bastera' questo a fermarlo: ''io - dice - non ci sto. Non mi sottometto ne' ai tagliagola ne' ai taglialingua''. L'appello che lancia non e' dunque soltanto un attestato di solidarieta' per un paese e per un popolo, ma e' anche rivolto a tutti coloro che - cristiani e musulmani, europei e arabi - vogliono riconoscere quale pericolo mortale si nasconda nell'odio anti-israeliano. Allam porta la sua esperienza: da giovane egiziano all'epoca della crisi di Suez ha visto la sua patria trasformarsi da paese tollerante in nazione corrosa dall'integralismo e dal fanatismo. Un processo che va da Nasser, ai Fratelli Musulmani, al fondamentalismo della sharia e degli shahid, i martiri. Un cammino nel quale la ''criminalizzazione'' di Israele e' stata irrefrenabile e cardine di questa trasformazione. Anche il giovane Allam ha condiviso quell'odio anti-israeliano, ma se ne e' liberato ed oggi individua in quel processo il seme dell'imbarbarimento islamico che semina distruzione perche' nella morte, e non nella vita, crede. ''Ho preso atto - scrive - che i musulmani nel momento in cui hanno infierito contro Israele, hanno scatenato un perverso e implacabile effetto boomerang che si sta ritorcendo contro loro stessi, con il rischio dell'auto annientamento fisico e civile, avendo colmato la fossa mortale del nichilismo e degradato eticamente gli israeliani, gli ebrei, i cristiani, i non credenti, i musulmani non eterodossi e, infine, tutti i musulmani''. Con questo integralismo Allam non intende scendere a patti e mette in guardia chi, in Occidente e in Italia, pensa - e pratica - sia possibile qualsiasi forma di ''appeasement''.In Italia ''significa essere equidistanti, o equivicini, tra il carnefice e la vittima, esattamente come lo e' il governo di Romano Prodi tra Hamas ed Hezbollah, da un lato, e Israele dall'altro, tra chi predica e pratica il terrorismo perche' disconosce il diritto alla vita altrui, e chi ricorre all'esercito nazionale per difendere il proprio diritto alla vita''.

domenica 13 maggio 2007

Non farti cambiare dal mondo

"Non farti cambiare dal mondo"
Era il messaggio che volevo far passare , significa continuare a pensare con la propria testa, anche quando la maggioranza dovesse far pressioni per farti andare per forza da un'altra parte.
Povia - family day - 12 maggio 2007

mercoledì 21 marzo 2007

il prezzo della libertà


Finalmente poco fa Daniele Mastrogiacomo si è presentato agli italiani, in conferenza stampa, senza il suo bel turbante.

E' da scellerati (Giuliano Ferrara ha scritto da "disgraziati") presentarsi agli italiani in quel modo, paragonando la propria prigionia a quella che si potrebbe subire a Guantanamo, dopo 15 giorni di durissima prigionia, dopo aver assistito da parte dei suoi carcerieri all'uccisione dell'autista e dopo aver "fatto pagare" all'Italia la sua libertà, barattandola con la scarcerazione di cinque capi terroristi.

La politica estera italiana fa acqua da tutte le parti... e cede ai ricatti.

Ci si preoccupa del rischio di essere ricattati per delle foto compromettenti quando si dà l'esempio che l'unica soluzione è pagare e accettare i compromessi, anche coi terroristi.

Elogiare chi ha lavorato per la scarcerazione di Mastrogiacomo, accettando questi compromessi, ripeto, è da scellerati e rende inutile ogni servizio svolto in quelle terre dai nostri militari.
Sono convinto che tra qualche giorno leggeremo di un investimento di denaro nel paese di Karzai e avremo la conferma dell'allargamento della base Usa di Vicenza. Così anche chi ha liberato ed ha lasciato liberare i terroristi, avrà avuto la sua "bella convenienza".


giovedì 22 febbraio 2007

Buon Giorno

Sono le 14.25 del 22 febbraio 2007
Inizia qui un'avventura
Quanto durerà?
Qualcuno la leggerà?
Da stesera inizierò a scrivere...
Ciao
Tele