mercoledì 23 maggio 2007

Dove c'è un chiodo, c'era il crocifisso


Vi propongo un articolo letto su "Panorama" una decina di giorni fa.
E' tratto dalla rubrica l'arcitaliano di Giuliano Ferrara.



Nella clinica milanese Mangiagalli si praticano 7 mila aborti l’anno. È efficiente, dunque. In questo simbolo della nostra società, che esclude e seleziona gli esseri umani interrompendo per via chirurgica il loro battito cardiaco, si è deciso di essere inclusivi verso gli esseri umani. Come? Togliendo piano piano il crocifisso dal muro, per non urtare la sensibilità dei musulmani o, come si dice adesso, dei diversamente credenti. Il direttore sanitario, Basilio Tiso, ritiene che quella della Madonna sia un’immagine più acconcia alla bisogna del momento: evitare di irritare, o magari compiacere, chi non è cristiano di confessione. Se poi proprio un paziente non ce la fa, e chiede l’immagine di Gesù Cristo in croce, il personale lo ritira fuori del cassetto e lo riappende per l’occasione.Abdelhamid Shaari, capo del centro islamico di viale Jenner, ha ringraziato per il bel gesto il direttore, ma ha aggiunto che si potrebbe e dovrebbe fare di più: meglio un muro bianco, visto che siamo uno stato laico (deve aver letto i libri di Gustavo Zagrebelski). Forse Shaari accetterà che su quel muro bianco, quando ci arriveremo, restino infissi i chiodi per la riattivazione a richiesta del Risorto. I chiodi sono importanti, nella simbologia della croce. In fondo basta che resti il chiodo attaccato, e subito si capirà che lì c’era un crocifisso. Dopo esser serviti al massacro simbolico delle biblioteche cristiane nel film di Ermanno Olmi, i chiodi diventeranno i sostituti della cosa. La nostra identità culturale, la nostra teologia, la nostra fede semplice saranno così appese alla visione di un nudo chiodo su un nudo muro bianco.Che pena mi fa l’ideologia, quando sostituisce la cultura, lo spirito, la compassione e l’identità. Sarebbe così semplice spiegare agli ospiti musulmani di un paese cristiano che quel Cristo in croce è solo un simbolo d’amore, e comunque è il simbolo del paese che cerca di curarli e che fa abortire le loro donne in condizioni crudeli comunque per gli abortiti, ma regolate da una legge che cerca senza trovarla la quadratura del cerchio contro l’aborto clandestino. Non sarebbe impossibile spiegare loro che il nostro spirito di accoglienza è legato a quell’immagine come il nostro rispetto della persona, anche se ormai solo di quella che ce l’ha fatta a nascere.E si potrebbe aggiungere, con le parole del filosofo Karl Löwith, che prima delle nostre alleanze, la vecchia e la nuova, il mondo era un bestiario indifferenziato, e solo dopo ha trovato nell’uomo il suo centro, e nella cultura della persona la sua gloria. Perché mai questa consapevolezza di sé del nostro mondo, nutrita o no di fede, dovrebbe offenderli?Invece no: avanti verso il disarmo dei simboli della caritas e della pietà civile e della storia di questo popolo, di questa nazione, di questa Repubblica fondata sulle libertà compresa quella religiosa. È vero che nello spazio pubblico l’identità religiosa confessionale non deve essere invasiva, è vero che chiunque deve essere libero di amare il suo profeta, di osservare la propria legge spirituale e scritturale o nessuna legge. È vero che, per quelli che hanno Cristo nel cuore, l’averlo anche appeso al muro di un ospedale può cambiargli poco. Ma chiunque capisce che dietro il rifiuto di quell’innalzamento, che è anche un umile abbassamento, sta un fatale equivoco.Abbiamo vergogna di quel che siamo, rinunciamo a essere quel che siamo stati, e ci incamminiamo verso il bianco di un muro relativista. È sbagliato, secondo quel che penso, è radicalmente sbagliato. Sarebbe come cancellare le cattedrali o vietare ai preti di uscire con la tonaca, come accade in Turchia, ma noi non siamo un paese islamico in cui l’esercito ha dovuto impedire la vittoria della sharia, di una legge religiosa fondata sull’esclusione degli infedeli e la loro riduzione alla schiavitù dei dhimmi; noi siamo il paese delle libertà e della laicità cristiana. È anche il crocifisso che fa la guardia a queste libertà.

domenica 20 maggio 2007

Sabato prossimo Magdi Allam a Casale


http://www.ansa.it/opencms/export/site/notizie/rubriche/unlibroalgiorno/visualizza_new.html_2128605209.html

'VIVA ISRAELE' DI MAGDI ALLAM

'VIVA ISRAELE' DI MAGDI ALLAM(MONDADORI: pagg.206; € 17)
Israele e' un paradigma: rappresenta la cultura della vita contro l'ideologia della morte. Chi difende il diritto alla sua esistenza, si pone - senza se e senza ma - dalla parte della liberta' e della ''sacralita''' della vita. Magdi Allam, musulmano laico, usa parole forti e sa che il suo ultimo libro fara' crescere il numero dei suoi nemici. Ma non bastera' questo a fermarlo: ''io - dice - non ci sto. Non mi sottometto ne' ai tagliagola ne' ai taglialingua''. L'appello che lancia non e' dunque soltanto un attestato di solidarieta' per un paese e per un popolo, ma e' anche rivolto a tutti coloro che - cristiani e musulmani, europei e arabi - vogliono riconoscere quale pericolo mortale si nasconda nell'odio anti-israeliano. Allam porta la sua esperienza: da giovane egiziano all'epoca della crisi di Suez ha visto la sua patria trasformarsi da paese tollerante in nazione corrosa dall'integralismo e dal fanatismo. Un processo che va da Nasser, ai Fratelli Musulmani, al fondamentalismo della sharia e degli shahid, i martiri. Un cammino nel quale la ''criminalizzazione'' di Israele e' stata irrefrenabile e cardine di questa trasformazione. Anche il giovane Allam ha condiviso quell'odio anti-israeliano, ma se ne e' liberato ed oggi individua in quel processo il seme dell'imbarbarimento islamico che semina distruzione perche' nella morte, e non nella vita, crede. ''Ho preso atto - scrive - che i musulmani nel momento in cui hanno infierito contro Israele, hanno scatenato un perverso e implacabile effetto boomerang che si sta ritorcendo contro loro stessi, con il rischio dell'auto annientamento fisico e civile, avendo colmato la fossa mortale del nichilismo e degradato eticamente gli israeliani, gli ebrei, i cristiani, i non credenti, i musulmani non eterodossi e, infine, tutti i musulmani''. Con questo integralismo Allam non intende scendere a patti e mette in guardia chi, in Occidente e in Italia, pensa - e pratica - sia possibile qualsiasi forma di ''appeasement''.In Italia ''significa essere equidistanti, o equivicini, tra il carnefice e la vittima, esattamente come lo e' il governo di Romano Prodi tra Hamas ed Hezbollah, da un lato, e Israele dall'altro, tra chi predica e pratica il terrorismo perche' disconosce il diritto alla vita altrui, e chi ricorre all'esercito nazionale per difendere il proprio diritto alla vita''.