lunedì 3 novembre 2008

Esistono ancora programmi tv di qualità


di Silvia Motta da www.ilsussidiario.net

Ospite di un talk show su “tv e democrazia” mi si chiedeva se la tv in Italia sia mai stata libera. “D’altra parte”, diceva la scheda iniziale del programma, “la tv è spesso manipolabile e distorta da vari fattori. Come l’auditel o la forte influenza del potere politico che minano l’indipendenza dell’informazione ma anche la qualità culturale dei programmi di intrattenimento”. Ragionamento ineccepibile dal punto di vista del trend televisivo: 1) informazione condizionata e faziosa 2) intrattenimento trash.

La conseguenza del ragionamento sarebbe una epurazione vistosa del potere politico e una riduzione dell’influenza del potere economico su una delle maggiori industrie a livello nazionale, quella della produzione televisiva. Realistico? A me pare di no. Ce la vediamo una Mediaset che improvvisamente decide di rinunciare agli alti ascolti di C’è posta per te in favore di un innalzamento culturale del telespettatore? O una Rai che in quattro e quattro otto si disfi dei poteri editorial politici per garantire un pluralismo oggettivo “alla BBC”? Forse si, ma non in tempi brevi. E poi chi potrebbe farsi garante di un così titanico cambiamento?

Se mi si dovesse chiedere di fare una tabella sui programmi di qualità o meno della tv italiana, mi accoderei alla opinione comune che vede i reality, Uomini e Donne, i soliti Veline e Velone e molti altri dalla parte dei cattivi, salvando documentari, programmi sulla storia e magari qualche quiz. Perché è questo che vuole una certa critica di stampo moralistico. Ma i super eroi non esistono e inevitabilmente la tv avrà sempre a che fare con tutti i poteri sopra citati: politico, economico e chi più ne ha più ne metta. Siamo allora condannati al ciclo e riciclo storico di buona e cattiva qualità in tv? Anche se vi dicessi di non guardare questa o quella trasmissione perché fa male alla salute, temo che la dialettica dei programmi di Maria De Filippi in un fotogramma vi convincerebbe del contrario.

La vera domanda non è dunque se in Italia la tv sia mai stata libera, ma se il telespettatore sia mai stato libero davanti alla tv. Ciò che spesso manca a chi ingurgita i raggi del tubo catodico è un’educazione a giudicare. Accendiamo la tv e ci perdiamo nel carpe diem dell’immagine, delle argomentazioni, delle risse, delle emozioni, trascinati da sentimentalismi su quello che ci viene proposto. Ci vuole una forza di strappo, in favore della coscienza che io telespettatore sono anche un uomo e in quanto tale sono fatto per qualcosa di più di quello che sento.

In uno dei suoi pensieri Pascal dice che se tutto il mondo gli precipitasse addosso per schiacciarlo, lui sarebbe più grande in forza di qualcosa che sfugge al nesso mortale e lo giudica, lo comprende. Alla luce di questo concetto, di fronte alla tv cosa avrebbe fatto Pascal? In alcuni casi l’avrebbe spenta, in altri invece sarebbe stato ad ascoltare perché vi avrebbe trovato una corrispondenza o perché avrebbe inteso giudicarla, magari per discuterne poi ospite in qualche talk show o anche con gli amici al bar. Giudichiamo la tv. Giudichiamo tutto ciò che passa, anche sullo schermo di casa nostra.