mercoledì 9 settembre 2009

Mons. Catella, da un anno a Casale


Cliccando sul sottostante indirizzo potrai vedere l'intervista a Monsignor Alceste Catella, Vescovo di Casale Monferrato, a un anno dal suo ingresso in diocesi.

http://monsalcestecatella.blogspot.com/2009/09/da-un-anno-casale-videointervista-mons.html

martedì 25 agosto 2009

Trent'anni di meeting


Qui è linkato lo speciale mandato in onda domenica sera da Raiuno sui trent'anni di Meeting.

Una bella storia!

venerdì 5 giugno 2009

"occhio vigile"



queste sono le nostre strade prima delle elezioni...
chissà se le cose cambieranno...
fatto sta che la caduta è un rischio quotidiano per chi transita in via Visconti a Casale Monferrato.

Cercare lavoro ai tempi della crisi...


Casale Monferrato, mercoledì 27 maggio
qualcuno cerca lavoro
e chi gli toglie la possibilità di un colloquio a uno così intraprendente...
crisi o non crisi...

martedì 26 maggio 2009

Affrontare la crisi, rilanciare l'impresa




Posted by Picasa


Appunti per il mio intervento

Situazione storica
Le Opere di carità della Diocesi di Casale Monferrato hanno origine nel secondo dopoguerra.
ODA è l’impegno della Chiesa locale nel settore socio sanitario e socio assistenziale.
ODA è un insieme di tanti enti non profit: enti ecclesiastici iscritti all’anagrafe onlus, fondazioni, ex ipab, cooperative sociali di tipo A e tipo B. Non ci facciamo mancare nulla… un bouquet decisamente vario, raro da ritrovare in altri territori.
L’organigramma dell’Oda è come un albero che ha molti rami. Rami che sono i diversi enti e le diverse comunità. Rifacendomi a una frase che mi aveva “toccato” e che ho memorizzato del presidente CDO Bernhard Scholz confermo che “quando un albero butta fuori tanti rami deve affondare bene le radici”. E le radici qui sono forti. Il nostro amato Vescovo Mons. Alceste Catella, il mio presidente don Luigi Porta che da oltre vent’anni dirige l’Opera e ne è la prima mente, gli operatori e i tanti volontari che collaborano alle diversissime iniziative, sono la storia di questi sessantaquattro anni di attività sociali.

L’Oda oggi
Dalla prima realizzazione della "Casa del Ragazzo", centro di istruzione e di educazione per minori con difficoltà di comportamento, al servizio in particolare del Comune di Torino, che ha resistito sino alla metà degli anni ’80, sono sorte poi le prime realtà per disabili psicofisici.
Ora oltre a minori a rischio e disabili Oda ha un particolare impegno anche con gli anziani non autosufficienti, persone con patologia psichiatrica, mamme in difficoltà - anche con figli. Le ultime frontiere sono un servizio sociosanitario di lungodegenza e il turismo sociale (case per ferie…).
Oggi Oda ha circa 300 posti letto in strutture tutte autorizzate al funzionamento in regime definitivo, con circa 200 dipendenti. Praticamente è una delle prime cinquanta aziende private del territorio diocesano ed è tra le più grandi del settorein cui opera della città di Casale Monferrato.

La qualità
Il nostro servizio è un servizio di qualità. E lo dico orgogliosamente ad alta voce perché il merito va in primis al mio presidente e a seguire a tutti i collaboratori tra cui vi sono ancora le suore della carità (che sono un plusvalore purtroppo in estinzione nelle nostre opere).
Entro fine anno aggiungeremo al nostro logo – ove tra l’altro vi è una bella effige della Madonna del Pozzo, una Madonna che aiuta e tende la mano - a ricordare un miracolo avvenuto nel nostro territorio, dicevo aggiungeremo anche la certificazione Iso, tra i pochi a ricercarla al momento nel nostro settore.

La vera qualità
Ma la qualità del nostro servizio non la si misura burocraticamente con la carta che stiamo producendo per la certificazione. La cartina di tornasole, la prova l’abbiamo tutti i giorni parlando con i nostri interlocutori (Asl, parenti dei nostri ospiti, medici, assistenti sociali...). O meglio l’abbiamo anche dalle statistiche.
Dal primo gennaio 2006 nel settore degli anziani non autosufficienti i parenti degli ospiti hanno potuto finalmente scegliere dove essere ospitati in convenzione col Servizio Sanitario Nazionale. Prima di quelle data le convenzioni erano determinate a inizio anno. 25 posti convenzionati e gli altri no. Ora tutti i posti autorizzati al funzionamento dell’intera Asl sono convenzionabili. Nonostante ci sia molta più scelta il numero dei convenzionati è cresciuto. La qualità premia.

L’obiettivo
Il vero obiettivo dell’Oda è comunque il servizio all’Uomo.
Un servizio all’Uomo che è bisognoso e necessita dei nostri servizi.
La prima regola che ho imparato ventun anni fa entrando al servizio della Diocesi è questa. “La via preferenziale che Oda sceglie è il convenzionamento con l’ente pubblico”. Infatti con il convenzionamento anche il più povero, il più bisognoso può ottenere i servizi d’eccellenza di cui ha necessità, ma che privatamente non potrebbe permettersi.
Il nostro obiettivo primario si fonda comunque su alcuni aspetti, che spesso diamo un po’ per scontati, che però convogliano le energie di chi lavora nelle nostre opere:
1. che ogni singola persona sia guardata e trattata come unica, protagonista della sua vita. Anche se è cosidetta “svantaggiata”; non sono “assistiti”, nel senso di persone private della loro dignità a cui noi - nella nostra bontà - ci sostituiamo, ma persone – in difficoltà – ma persone.
2. che con le nostre opere diamo un contributo al bene comune. Tutta la città di Casale e i comuni vicini in cui operiamo sono impregnati dalla trama di solidarietà che le nostre opere tessono. Ad esempio, è “normale” vedere in giro per Casale Monferrato uomini disabili ospiti delle nostre strutture (ma non solo anche perché per fortuna gli esempi positivi li seguono anche altri…) perfettamente integrati nei rapporti con la gente (nei bar, nei negozi…)… Con la Cooperativa di tipo B – che abbiamo battezzato Stradafacendo, non tanto per la canzone di Baglioni quanto per le citazioni evangeliche, lo scorso anno abbiamo inserito al lavoro protetto sette ragazzi con patologia psichiatrica. Sette ragazzi che alla fine del mese hanno il loro stipendio. E forse con qualche euro in più e un lavoro da svolgere al servizio di altri, avranno meno necessità di medicine.

La crisi
L’attuale crisi sta mettendo in difficoltà il sistema nel nostro territorio. Le aziende del settore del freddo sono state il primo campanello d’allarme. Ora a raffica altre grandi aziende ridimensionano le loro strutture o chiudono lasciando molti senza lavoro.
La crisi intacca anche il settore ove noi operiamo.
Intanto i parenti dei nostri ospiti hanno meno risorse da destinare alle cure di genitori, zii, nonni…
Intanto chi ha il coltello dalla parte del manico, ha stretto i cordoni della borsa e gli incassi delle fatture arrivano anche a mesi di distanza dalla scadenza iniziale. Per capirci oggi non abbiamo ancora incassato dalle diverse Aziende Locali Sanitarie le fatture dell’ottobre scorso. Cioè io non ho incassato ancora la prestazione che ho fornito 235 giorni fa alla Asl. E poi ci si chiede se c’è un elemento scatenante della crisi…. Comunque la forbice dell’attesa si è spaventosamente aperta proprio in questi ultimi mesi.
A volte mi pare che l’ente per cui lavoro faccia da banca all’ente pubblico?
L’ente pubblico ha dei manager che forse dovrebbero cercare di rispettare i contratti stipulati. Non ci si può sempre trincerare dietro alle parole “crisi” “mancano i soldi” “dovrebbero arrivare…”
Forse sarebbe meglio attivarsi, come si è attivato per tempo il mio ente…

Strategia contro la crisi
Ma la vera strategia contro la crisi si chiama fiducia: fiducia in Dio, nella provvidenza, nell’uomo. Crediamo di avere staff di tutto rispetto: dall’amministrazione, agli impiegati, fino all’ultimo inserviente. Perché si tratta di uomini e donne che lavorano con passione. Un lavoro etico il nostro pieno di mille problematiche da risolvere ma vissuto con gioia.
Prima dicevo che ODA svolge un servizio all’Uomo che è bisognoso e necessita dei nostri servizi ma ora preciserei che c’è anche l’uomo che si mette al nostro servizio e coopera con noi.
Ogni collaboratore ci dà la sua fiducia e lo ripaghiamo con la stessa fiducia nel suo operato.
Vado sul mio esempio personale. Sul lavoro, nonostante il vissuto scolastico mi avesse lasciato sconfortato, ho avuto la fortuna di trovare presto un lavoro e con esso un capufficio che mi ha dato fiducia, un presidente che mi ha dato fiducia, un Vescovo che mi ha dato fiducia. Ed oggi cerco di ripagare questo lavorando con coscienza.
Il mio era un esempio. Ma ne potrei raccontare molti analoghi.

Difficoltà
Da sempre le difficoltà che incontriamo sono tante, proprio perché il nostro sistema legislativo e di welfare è non solo NON SUSSIDIARIO, ma spesso CONTRO la sussidiarietà.
Un primo esempio è quello di cui dicevo poco del fare da banca alla Asl, ma di esempi ve ne sono moltissimi: qualche cenno
Una norma regionale recentissima, il bando scadrà tra due settimane, sovvenziona le ristrutturazioni delle R.S.A. ed delle R.A.F. ma a parità di tutto un’ipab o un ente pubblico saranno privilegiati nella graduatoria che definirà chi finanziare rispetto a una onlus. Il perché me lo dovrei chiedere ma so già la risposta quindi…
Un altro esempio
Nel lontano 2003 l’agenzia delle entrate si è interessata a noi. Non era un interesse per i nostri bei servizi perché ne è scaturito un verbale di esclusione dalle onlus. Non soffermandoci sul fatto che i verbalizzanti si sono fatti mandare le fotocopie del libro della Buffetti sulle onlus sul mio fax durante la loro visita (non sapevano nemmeno cos’erano le onlus), non soffermandoci sul fatto che mi hanno chiesto perché le prestazioni erogate dalla R.S.A. non avevano Iva, non soffermandoci… ma ve lo dico perché la cosa pare allucinante. Vi faccio in breve la storia del verbale che ci ha esclusi temporaneamente dal registro delle onlus. La norma è venuta dalla nostra parte chiarendo anche ciò che poteva al limite essere discutibile. Abbiamo vinto contro agenzia delle entrate in primo e secondo grado, grazie anche alla professionalità di persone che appartengono alla Compagnia delle Opere (dottoressa Monica Poletto in primis). Ora siamo in cassazione… Non sappiamo come giudicare questo ricorso che oggi non ha alcun senso. Temiamo quindi o in una modifica di legge o comunque temiamo che se la nostra onlus non sarà riconosciuta tale, migliaia di onlus analoghe alla nostra saranno cancellate dai registri.

Minori
Se ho ancora qualche minuto ho un ultimo cruccio.
C’è un servizio che esprime la missionarietà dell’ODA. E’ il servizio verso i minori in stato di disagio. Molti investimenti. Mai nessun utile. Molti problemi difficili. Alcuni casi eclatanti che per qualche giorno occupano le pagine dei notiziari locali.
A me pare che i servizi dovuti dall’ente pubblico verso i minori siano definiti solamente dalla disponibilità economica del servizio sociale. E qui immaginate quali siano le risorse magari per un bimbo magari straniero abbandonato piuttosto che per un rom con disabilità fisica… (sono solo esempi)
Giustamente la Regione Piemonte ha lavorato molto e bene sulla campagna “tutti i bambini hanno diritto ad una famiglia”. Tutti concordiamo che l’affido familiare, (siamo noi i primi a sostenerlo) è l’intervento per eccellenza.
La normativa vigente (DGR 41 e le modifiche che si stanno approvando in Regione) obbliga le comunità per minori a… “chiudere”. Troppo divario tra i livelli richiesti e l’importo della retta. Oramai la Comunità meno costosa ha più chance di inserire un ragazzo a discapito della qualità del servizio e dei livelli richiesti. Ma tutti, anche quelli che accolgono con rette impossibili, applicano i livelli richiesti? Qualcuno verifica o basta essere soddisfatti di spendere meno?
L’intervento verso i ragazzi deve essere estremamente competente, qualificato.
E’ importante che i giovani con situazioni pesanti come macigni sulle loro schiene possano poter esprimere la loro rabbia, volendo anche la loro distruttività. E invece? Invece non ci sono certezze. In questo campo si lavora per ottenere qualcosa nel “lunghissimo periodo”. Mai una soddisfazione per i nostri operatori magari chiamati a giudizio in tribunale perché il ragazzino è scappato o perché l’assistente sociale di riferimento ha chiesto una cosa telefonicamente e non l’ha confermata ne’ via fax, ne’ davanti al giudice. Il risultato del lavoro in questo campo non lo si vede mai. Sempre assolti nei processi, ma quanta sofferenza.
Ma non ci fermiamo. Anche qui con la nostra comunità più problematica cerchiamo di andare avanti.

mercoledì 20 maggio 2009

Obama il cristiano

















di Lorenzo Albacete da http://www.ilsussidiario.net/

Il presidente Obama è tornato a Washington dopo la sua controversa apparizione all’Università di Notre Dame e l’attenzione della nazione si è spostata su altri argomenti. Per un paio d’ore, domenica scorsa le luci si sono accese su Notre Dame, palcoscenico su cui venivano esposte al pubblico le divisioni nel cattolicesimo americano, probabilmente senza che ciò cambiasse in nulla la situazione preesistente alla visita di Obama (naturalmente, i cambiamenti provocati dall’incontro con Gesù Cristo sono, all’inizio, pressoché invisibili, come la crescita del seme della senape).

Il dibattito sull’opportunità di invitare il presidente e di conferirgli la laurea honoris causa continuerà, probabilmente, senza rilievo pubblico. Il problema è che non si tratta di una discussione su cosa significhi essere cristiani, ma di una discussione sulla politica e l’etica. Sotto questo profilo, il discorso del presidente e il suo invito al dialogo offrono qualche spunto per un dibattito teologico, per esempio, il suo riferimento alle conseguenze del peccato originale e la relazione tra fede, dubbio e umiltà (il punto di vista di Obama è quello tipico del liberalismo protestante).

Anche la sua insistenza sulla necessità di trovare un terreno comune per cooperare alla riduzione del numero degli aborti potrebbe portare a una discussione simile al dialogo tra Benedetto XVI e Jurgen Habermas. Sarebbe interessante vedere come Obama reagirebbe alla discussione del Santo Padre nel suo libro su “Verità e tolleranza”. Il presidente ha offerto anche alcune aperture alle preoccupazioni dei cattolici sulla libertà di coscienza e sull’educazione. Sarà importante vedere come ciò si trasformerà in concrete proposte legislative.

Comunque, la parte più importante del suo discorso è stata il suo racconto di come è diventato cristiano, a seguito del suo lavoro di organizzatore in una comunità di aiuto ai poveri. Questo è quanto ha detto: «Può essere perché la gente di chiesa con cui lavoravo era così accogliente e comprensiva, o perché mi invitavano alle loro funzioni e cantavano con me i loro canti religiosi, o forse perché io ero veramente a pezzi e loro mi hanno sostenuto. Forse perché sono stato testimone di tutto il bene che la loro fede li spingeva a compiere, mi sono trovato spinto non solo a lavorare con la Chiesa, ma a essere nella Chiesa. Attraverso questo servizio sono stato portato a Cristo» (non ho sentito gli altri discorsi, ma non sarei sorpreso se questo non fosse stato l’unico momento della manifestazione in cui è stata fatta la distinzione tra conoscere Cristo e ammirare i suoi “valori etici”).

Queste parole del presidente riconoscono il metodo attraverso il quale la fede cristiana si diffonde e porta frutti, cioè attraverso la testimonianza di qualcuno dal quale siamo attratti per la “diversa umanità.” Proprio a questo punto, Obama ha ricordato la testimonianza del Cardinale Joseph Bernardin, arcivescovo di Chicago all’epoca (qualcuno ha considerato la cosa offensiva per l’attuale arcivescovo, che è anche presidente della Conferenza episcopale, ma se Obama incontrasse personalmente il Cardinale George potrebbe accorgersi della continuità tra la testimonianza di Bernardin e le preoccupazioni di George).

Queste parole del presidente offrono la maggiore speranza per il futuro. Rimane nostro compito ricordare che il punto di partenza di ogni cosa che diciamo o facciamo deve essere la fede in Cristo.

venerdì 10 aprile 2009

L'esperienza di un popolo : in questo venerdì Santo non servono figuranti

da "Avvenire "

Era tutto pronto per il Venerdì santo. L’antica processione del Cristo­morto legata ad una tradizione anti­chissima era pronta per sfilare nelle stra­de. All’Aquila era stata ripresa dai frati francescani di San Bernardino. Erano pronte le Confraternite cittadine per il mesto corteo lungo le strade buie e si­lenziose della città. Enti e associazioni di pubblica rilevanza erano pronti per la scorta al simulacro di Cristo. Erano pronti i cori e le orchestre di violini per elevare l’accorata preghiera del «Mise­rere» di Solecchi maestro abruzzese. Quella struggente melodia cantata sol­tanto dalle voci maschili e sorretta dal suono di centocinquanta violini. Il po­polo era pronto per ascoltare la poten­za corale e la dolcezza melodica che crea un’atmosfera di profonda mestizia – co­me disse D’Annunzio – da far scaturire «una fontana di lacrime». Erano pronti per ascoltare «Miserere mei, Deus, se­cundum magnam misericordiam tuam». C’era la paura legata alle scosse di ter­remoto ma nessuno poteva immagina­re il disastro e l’anticipo del Venerdì san­to dopo la Domenica delle Palme. L’Abruzzo è martoriato. I paesini arroc­cati tra il Velino e il Gran Sasso feriti nel­le loro abitazioni, nei loro vicoli, nelle lo­ro piazze e soprattutto nelle loro chie­se. L’Aquila è sventrata come in una guerra, vede sferzati dipinti e chiese, li­bri e documenti: 750 anni di storia can­cellati in pochi secondi. Il Venerdì santo si materializza in tutta la provincia con una processione cari­ca di dolore: senza chiese e senza figu­ranti. Ognuno soffre in silenzio senza capire il destino. Il grido di disperazio­ne di un giornalista locale dà il senso di questo dolore: «Non sono riuscito a sal­vare i miei due figli. Trent’anni di sacri­ficio cancellati in un attimo. Non ho più nulla. Adesso non ha più senso conti­nuare a vivere». Di fronte al grido di do­lore di un uomo c’è da domandar tut­to. Domanda o mendicanza a Cristo presente in questo Venerdì santo anti­cipato. Il compimento del destino per­sonale e di un popolo passa attraverso la via misteriosa della croce. È straordi­naria la grande umanità e la grande solidarietà. È difficile descrivere l’impe­gno di quelli che continuano a scavare a mani nude. Ma questo Venerdì santo che sfila per le strade chiede ragioni so­lide per continuare a vivere, a ricostruire e a sperare. La paura in questo Venerdì santo ha av­volto la carne e la psiche di tutti. Tutto darebbe ragione a una notte senza do­mani. Tutto darebbe ragione allo scan­dalo di una sofferenza senza senso. E­ra necessario che il popolo facesse e­sperienza del Venerdì santo senza rap­presentarlo. Era necessario che il po­polo recuperasse il senso della morte e della vita con i suoi morti innocenti. E­ra necessario che il popolo iniziasse a balbettare: «Di tutto io sono capace in Colui nel quale è la mia forza». Questo è il conforto del popolo in questa tragi­ca circostanza. Il dolore diventa il filo con cui la stoffa del popolo abruzzese è ritessuta. La prova più grande della vita, cioè del­la speranza sarebbe la morte, se Cristo non fosse risorto. La prova più grande sarebbe l’addio di tanti innocenti, se Cri­sto non fosse risorto. Allora niente di­sperazione. Non abbiamo più nulla da temere dalla morte, dalla paura, dalle macerie, dalle scosse, dal fatto che non si ha più una casa da quando Cristo è ri­sorto da morte. Da qui riparte la spe­ranza di un popolo in ginocchio. E, in questa speranza, la tenacia concreta di tutto l’aiuto operativo che si può dare. Ci sono migliaia di persone ospitate da famiglie che hanno dato la loro dispo­nibilità. C’è il desiderio e la voglia di con­dividere questo momento di bisogno. Si riparte dal culmine di prove di questi giorni per sostenere ognuno ad accet­tare il Mistero di Dio prima trafitto tra le macerie e poi risorto.
Angelo Lucio Rossi

mercoledì 8 aprile 2009

Tg1 schiavo degli ascolti



Che dire: ancora qualche tragedia e aumentiamo ancora gli ascolti... :-(

lunedì 26 gennaio 2009

Per la vita, contro la Mercedes!

Per non farla soffrire abbiamo deciso di farla morire di fame e sete...
Tesi interessante!
Sottoscrivo quanto proposto da Federvita Piemonte e Compagnia delle Opere Piemonte, qui sotto riportate:

LETTERA APERTA ALLA PRESIDENTE BRESSO
Presidente Bresso, mi rivolgo a Lei implorandoLa di ritirare la disponibilità del Piemonte ad uccidere Eluana, ma ancor più mi rivolgo ai piemontesi affinché si ribellino: questa non è una questione politica, ma di vita o di morte!
Uccidere Eluana togliendole idratazione e nutrizione non e’ solo inconcepibile ed inaccettabile, non solo criminoso e contro tutto lo spirito della costituzione e delle leggi italiane, ma ci costringe a riflettere su di un potere inaccettabile dei tribunali, che evidentemente possono stravolgere le leggi, anzi produrne. L’eutanasia in Italia non e’ lecita, ma uccidere Eluana va ben oltre!
Non possiamo rassegnarci a tutto questo!!!
La nostra non e’ piu’ una civilta’.
Gandhi affermava che una legge ingiusta rende ingiusto uno stato: di leggi ingiuste in italia (194/78, 40/2004, ecc.) ce ne sono gia’ quanto basta ed oltre, ma ora c’è chi le supera.
Se qualcuno ancora crede nel fondamentale diritto alla vita deve ribellarsi: la maggioranza silenziosa è connivente, corresponsabile!!! E’ mai possibile che si difendano solo i criminali dalla pena di morte e si continui a condannare a morte gli innocenti? Gli unici esseri che la nostra società difende sempre più sono gli animali!!!
Per quanto riguarda le dichiarazioni anticipate sul fine vita, mi sembra interessante meditare sulla storia del professor Melazzini:
Il primario oncologo Mario Melazzini, gravemente affetto dalla sclerosi laterale amiotrofica, una delle malattie più difficili da accogliere, nel libro “Liberi di Vivere. Malati inguaribili, persone da curare” (edizioni ARES), scritto dal caporedattore del Resto del Carlino, Massimo Pandolci, afferma: “… la morte non è un diritto, è un fatto. Non esiste il diritto a morire. Io non sono così assolutista ma su questo argomento sì”. “La morte è un evento naturale della vita; è la vita che va permessa, difesa dal primo momento, e cioè dal concepimento e fino alla morte naturale – ha aggiunto –. E questa non è ideologia o religione; no è la natura! La natura ci insegna che la vita va tutelata; questo è il vero rispetto”.
A proposito del tentativo di far morire Eluana Englaro, Melazzini è stato molto chiaro: “Quello che i giudici di Milano hanno sentenziato rappresenta un puro caso di legittimazione di una forma di eutanasia. Per me è un omicidio”. E ancora: “hai la dignità di persona umana se hai tutte le funzioni, tutti i punti. Se cominci a perdere qualche funzione, cominciano a scalarti anche i punti”…“A un certo punto, se perdi molte funzioni perdi tutti i crediti: non ti resta nulla e ti tolgono la patente di persona. Non sei più degno di vivere, non sei più compatibile con una vita degna. Sei ancora vivo, ma la tua vita non è degna di essere vissuta. (…) Ecco dove porta la cultura dei benpensanti: alla selezione della specie”.
Di fronte a questa deriva, Melazzini chiede di tornare all’origine di ciò che siamo. “Te lo posso assicurare, ringrazio la malattia: mi sta insegnando a vivere”. E’ chiaro che se avessero chiesto (a trent’anni) al dottor Melazzini che cosa avrebbe voluto fare di fronte ad una simile eventualità, avrebbe risposto che non l’avrebbe accettata. Infatti oltre all’assurda pretesa di voler disporre della propria vita, si deve anche chiarire che è molto diverso prevedere una situazione o viverla.
Invito tutti coloro che leggeranno questo appello ad aderire con un proprio contributo o almeno con i propri dati personali nel link http://salviamoeluana.docvita.it
Eluana può purtroppo diventare l’autostrada per l’eutanasia!
Garrone dr. Giuseppe, Presidente di Federvita Piemonte

LETTERA APERTA ALLA PRESIDENTE BRESSO E ALL'ASSESSORE ARTESIO
Al Presidente della Giunta Regionale del Piemonte On. Mercedes Bresso
All’Assessore alla Solidarietà sociale, Politiche giovanili e Programmazione sanitaria Dott.ssa Eleonora Artesio

In riferimento alla sospensione di acqua e cibo prevista dal decreto dalla Corte d’Appello di Milano che autorizza la sospensione di idratazione e nutrizione alla Sig.ra ELUANA ENGLARO sino al decesso della stessa, i sottoscritti medici ed operatori sanitari della Regione Piemonte sentono l’obbligo di sottolineare l’inapplicabilità delle procedure previste dal decreto della Corte stessa e la loro palese contraddizione con le regole della deontologia medica internazionale, la cui violazione determina responsabilità anche in sede civile e penale.
Infatti, il decreto impone che, mentre si sospendono l’idratazione e la nutrizione, venga evitata la sofferenza con "…somministrazione di sostanze idonee ad eliminare l’eventuale disagio da carenza di liquidi".
Ora, in medicina è regola assoluta che la presenza di qualunque "disagio" e sofferenza venga corretta anzitutto rimuovendo le cause che la determinano e non nascondendone artificialmente le conseguenze, mentre si lasciano perdurare gli effetti dannosi della causa non rimossa.
Nel caso di specie, ciò significa che, davanti alla sofferenza prodotta dalla mancanza prolungata per ore e giorni di acqua e cibo (sulla cui entità – della sofferenza - non esistono ad oggi evidenze scientifiche definitive, tanto da far prevedere la somministrazione di sedativi), il medico deve, per agire in modo deontologicamente e scientificamente corretto, intervenire somministrando liquidi ed elementi nutritivi e non nascondendo la sofferenza stessa con sedativi, antidolorifici e altri farmaci.
Per questi motivi il dispositivo del decreto è inapplicabile tecnicamente senza venire meno alle regole fondanti della ‘Good Clinical Practice’ (Dichiarazione di Helsinki).
Per questa ragione medici ed operatori sanitari della Regione Piemonte sono disponibili ad accogliere la Sig.ra Englaro presso le strutture sanitarie del Piemonte, ove vi siano motivi sanitari che lo giustifichino, ma non per causarne il decesso.
Inoltre, gli operatori sanitari del Piemonte, nel ricordare che la nutrizione e l’idratazione vanno considerati atti dovuti eticamente (oltre che deontologicamente e giuridicamente) in quanto indispensabili per garantire le condizioni fisiologiche di base per vivere, stigmatizzano affermazioni ed atteggiamenti che, negando dignità umana a persone in totale dipendenza, hanno come intrinseca conseguenza di suscitare indebite perplessità in migliaia di persone che ogni giorno si prodigano a favore dei disabili e di favorire l’abbandono terapeutico di una quota non indifferente della nostra popolazione.
Associazione Medicina e Persona del Piemonte e Valle d’Aosta
Associazione Medici Cattolici Italiani Piemonte Valle d’Aosta
Movimento per la Vita di Torino
Associazione Scienza e Vita del Piemonte

martedì 13 gennaio 2009

Anche i bus, remano contro!

Sul Sole 24 ore di oggi la notizia!
Due bus a Genova saranno sponsorizzati dagli atei, contro Dio!
Sono sconvolto.
Pagare una sponsorizzazione non per dire che c'è qualcuno, ma per dire che se qualcuno ha trovato Qualcuno, non è vero!
Come quelli che non tifano per nessuno ma si aspettano solo che l'altra squadra nemica perda.
Per fortuna la penso diversamente!
Questo il testo che ho trovato su Facebook, ben scritto dal creatore della pagina Paolo Padrini
e che potete visitare a questo indirizzo : http://www.facebook.com/profile.php?id=509879146#/group.php?gid=44404647169&ref=mf

Questa notte mi sono arrivati alcuni messaggi di amici, scandalizzati e preoccupati per i cosiddetti "autobus atei" che stanno per arrivare a Genova.

"La cattiva notizia è che Dio non esiste. Quella buona è che non ne hai bisogno".Questo reciterà lo striscione che apparirà a Genova (guarda caso....), promosso dall' UAAR.
La stessa iniziativa in questi giorni si stà realizzando anche a Londra ed a Barcellona, con - però - alcune differenze.Sugli autobus spagnoli, infatti, c'è scritto: "Probabilmente Dio non esiste....goditi la vita".Una frase questa, che lascia trasparire più onestà da parte dei "cugini spagnoli" del nostrano UAAR.
Almeno loro usano una formula dubitativa. E il dubbio, lo sappiamo, ha un suo valore.Quella italia invece, come posizione, è ben squallida.Neppure il dubbio - che in qualche modo muove le coscienze - viene proposto. Quella che viene proposta è una tesi totalmente ideologica, che in forza di un "dio" contrario, asserisce che il "nostro Dio" non esiste.
Verrebbe da chiedersi se queste persone si possano definire atee, oppure siano più fideiste dei credenti!Ma non voglio dare troppa importanza a questo cartellone pubblicitario.
Noi cristiani non abbiamo bisogno nè di rispondere a questa "pseudo- provocazione" e tantomeno di farci pubblicità.La fede, quella operosa, non ha bisogno di farsi pubblicità.
Si vede per le strade dove tanti cristiani anche genovesi si "fanno il mazzo" per aiutare i poveri (che non mi sembra vengano ospitati nelle case dell'UAAR)....penso ad esempio alla Comunità di Sant'Egidio genovese.
La fede si vede nelle opere e nelle attenzioni quotidiane di tanti genovesi (ed italiani) che cercando di affrontare le difficoltà dell'immigrazione e dell'accoglienza (anche questa realtà molto presente a Genova).Insomma: si può anche dire e scrivere che Dio non esiste.
Siamo liberi di pensarlo e di dirlo.Ma andatelo a chiedere a chi lo incontra ogni giorno nella testimonianza e nel servizio gratuito dei cristiani, se Dio non esiste....vedrete cosa vi diranno.