martedì 26 maggio 2009

Affrontare la crisi, rilanciare l'impresa




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Appunti per il mio intervento

Situazione storica
Le Opere di carità della Diocesi di Casale Monferrato hanno origine nel secondo dopoguerra.
ODA è l’impegno della Chiesa locale nel settore socio sanitario e socio assistenziale.
ODA è un insieme di tanti enti non profit: enti ecclesiastici iscritti all’anagrafe onlus, fondazioni, ex ipab, cooperative sociali di tipo A e tipo B. Non ci facciamo mancare nulla… un bouquet decisamente vario, raro da ritrovare in altri territori.
L’organigramma dell’Oda è come un albero che ha molti rami. Rami che sono i diversi enti e le diverse comunità. Rifacendomi a una frase che mi aveva “toccato” e che ho memorizzato del presidente CDO Bernhard Scholz confermo che “quando un albero butta fuori tanti rami deve affondare bene le radici”. E le radici qui sono forti. Il nostro amato Vescovo Mons. Alceste Catella, il mio presidente don Luigi Porta che da oltre vent’anni dirige l’Opera e ne è la prima mente, gli operatori e i tanti volontari che collaborano alle diversissime iniziative, sono la storia di questi sessantaquattro anni di attività sociali.

L’Oda oggi
Dalla prima realizzazione della "Casa del Ragazzo", centro di istruzione e di educazione per minori con difficoltà di comportamento, al servizio in particolare del Comune di Torino, che ha resistito sino alla metà degli anni ’80, sono sorte poi le prime realtà per disabili psicofisici.
Ora oltre a minori a rischio e disabili Oda ha un particolare impegno anche con gli anziani non autosufficienti, persone con patologia psichiatrica, mamme in difficoltà - anche con figli. Le ultime frontiere sono un servizio sociosanitario di lungodegenza e il turismo sociale (case per ferie…).
Oggi Oda ha circa 300 posti letto in strutture tutte autorizzate al funzionamento in regime definitivo, con circa 200 dipendenti. Praticamente è una delle prime cinquanta aziende private del territorio diocesano ed è tra le più grandi del settorein cui opera della città di Casale Monferrato.

La qualità
Il nostro servizio è un servizio di qualità. E lo dico orgogliosamente ad alta voce perché il merito va in primis al mio presidente e a seguire a tutti i collaboratori tra cui vi sono ancora le suore della carità (che sono un plusvalore purtroppo in estinzione nelle nostre opere).
Entro fine anno aggiungeremo al nostro logo – ove tra l’altro vi è una bella effige della Madonna del Pozzo, una Madonna che aiuta e tende la mano - a ricordare un miracolo avvenuto nel nostro territorio, dicevo aggiungeremo anche la certificazione Iso, tra i pochi a ricercarla al momento nel nostro settore.

La vera qualità
Ma la qualità del nostro servizio non la si misura burocraticamente con la carta che stiamo producendo per la certificazione. La cartina di tornasole, la prova l’abbiamo tutti i giorni parlando con i nostri interlocutori (Asl, parenti dei nostri ospiti, medici, assistenti sociali...). O meglio l’abbiamo anche dalle statistiche.
Dal primo gennaio 2006 nel settore degli anziani non autosufficienti i parenti degli ospiti hanno potuto finalmente scegliere dove essere ospitati in convenzione col Servizio Sanitario Nazionale. Prima di quelle data le convenzioni erano determinate a inizio anno. 25 posti convenzionati e gli altri no. Ora tutti i posti autorizzati al funzionamento dell’intera Asl sono convenzionabili. Nonostante ci sia molta più scelta il numero dei convenzionati è cresciuto. La qualità premia.

L’obiettivo
Il vero obiettivo dell’Oda è comunque il servizio all’Uomo.
Un servizio all’Uomo che è bisognoso e necessita dei nostri servizi.
La prima regola che ho imparato ventun anni fa entrando al servizio della Diocesi è questa. “La via preferenziale che Oda sceglie è il convenzionamento con l’ente pubblico”. Infatti con il convenzionamento anche il più povero, il più bisognoso può ottenere i servizi d’eccellenza di cui ha necessità, ma che privatamente non potrebbe permettersi.
Il nostro obiettivo primario si fonda comunque su alcuni aspetti, che spesso diamo un po’ per scontati, che però convogliano le energie di chi lavora nelle nostre opere:
1. che ogni singola persona sia guardata e trattata come unica, protagonista della sua vita. Anche se è cosidetta “svantaggiata”; non sono “assistiti”, nel senso di persone private della loro dignità a cui noi - nella nostra bontà - ci sostituiamo, ma persone – in difficoltà – ma persone.
2. che con le nostre opere diamo un contributo al bene comune. Tutta la città di Casale e i comuni vicini in cui operiamo sono impregnati dalla trama di solidarietà che le nostre opere tessono. Ad esempio, è “normale” vedere in giro per Casale Monferrato uomini disabili ospiti delle nostre strutture (ma non solo anche perché per fortuna gli esempi positivi li seguono anche altri…) perfettamente integrati nei rapporti con la gente (nei bar, nei negozi…)… Con la Cooperativa di tipo B – che abbiamo battezzato Stradafacendo, non tanto per la canzone di Baglioni quanto per le citazioni evangeliche, lo scorso anno abbiamo inserito al lavoro protetto sette ragazzi con patologia psichiatrica. Sette ragazzi che alla fine del mese hanno il loro stipendio. E forse con qualche euro in più e un lavoro da svolgere al servizio di altri, avranno meno necessità di medicine.

La crisi
L’attuale crisi sta mettendo in difficoltà il sistema nel nostro territorio. Le aziende del settore del freddo sono state il primo campanello d’allarme. Ora a raffica altre grandi aziende ridimensionano le loro strutture o chiudono lasciando molti senza lavoro.
La crisi intacca anche il settore ove noi operiamo.
Intanto i parenti dei nostri ospiti hanno meno risorse da destinare alle cure di genitori, zii, nonni…
Intanto chi ha il coltello dalla parte del manico, ha stretto i cordoni della borsa e gli incassi delle fatture arrivano anche a mesi di distanza dalla scadenza iniziale. Per capirci oggi non abbiamo ancora incassato dalle diverse Aziende Locali Sanitarie le fatture dell’ottobre scorso. Cioè io non ho incassato ancora la prestazione che ho fornito 235 giorni fa alla Asl. E poi ci si chiede se c’è un elemento scatenante della crisi…. Comunque la forbice dell’attesa si è spaventosamente aperta proprio in questi ultimi mesi.
A volte mi pare che l’ente per cui lavoro faccia da banca all’ente pubblico?
L’ente pubblico ha dei manager che forse dovrebbero cercare di rispettare i contratti stipulati. Non ci si può sempre trincerare dietro alle parole “crisi” “mancano i soldi” “dovrebbero arrivare…”
Forse sarebbe meglio attivarsi, come si è attivato per tempo il mio ente…

Strategia contro la crisi
Ma la vera strategia contro la crisi si chiama fiducia: fiducia in Dio, nella provvidenza, nell’uomo. Crediamo di avere staff di tutto rispetto: dall’amministrazione, agli impiegati, fino all’ultimo inserviente. Perché si tratta di uomini e donne che lavorano con passione. Un lavoro etico il nostro pieno di mille problematiche da risolvere ma vissuto con gioia.
Prima dicevo che ODA svolge un servizio all’Uomo che è bisognoso e necessita dei nostri servizi ma ora preciserei che c’è anche l’uomo che si mette al nostro servizio e coopera con noi.
Ogni collaboratore ci dà la sua fiducia e lo ripaghiamo con la stessa fiducia nel suo operato.
Vado sul mio esempio personale. Sul lavoro, nonostante il vissuto scolastico mi avesse lasciato sconfortato, ho avuto la fortuna di trovare presto un lavoro e con esso un capufficio che mi ha dato fiducia, un presidente che mi ha dato fiducia, un Vescovo che mi ha dato fiducia. Ed oggi cerco di ripagare questo lavorando con coscienza.
Il mio era un esempio. Ma ne potrei raccontare molti analoghi.

Difficoltà
Da sempre le difficoltà che incontriamo sono tante, proprio perché il nostro sistema legislativo e di welfare è non solo NON SUSSIDIARIO, ma spesso CONTRO la sussidiarietà.
Un primo esempio è quello di cui dicevo poco del fare da banca alla Asl, ma di esempi ve ne sono moltissimi: qualche cenno
Una norma regionale recentissima, il bando scadrà tra due settimane, sovvenziona le ristrutturazioni delle R.S.A. ed delle R.A.F. ma a parità di tutto un’ipab o un ente pubblico saranno privilegiati nella graduatoria che definirà chi finanziare rispetto a una onlus. Il perché me lo dovrei chiedere ma so già la risposta quindi…
Un altro esempio
Nel lontano 2003 l’agenzia delle entrate si è interessata a noi. Non era un interesse per i nostri bei servizi perché ne è scaturito un verbale di esclusione dalle onlus. Non soffermandoci sul fatto che i verbalizzanti si sono fatti mandare le fotocopie del libro della Buffetti sulle onlus sul mio fax durante la loro visita (non sapevano nemmeno cos’erano le onlus), non soffermandoci sul fatto che mi hanno chiesto perché le prestazioni erogate dalla R.S.A. non avevano Iva, non soffermandoci… ma ve lo dico perché la cosa pare allucinante. Vi faccio in breve la storia del verbale che ci ha esclusi temporaneamente dal registro delle onlus. La norma è venuta dalla nostra parte chiarendo anche ciò che poteva al limite essere discutibile. Abbiamo vinto contro agenzia delle entrate in primo e secondo grado, grazie anche alla professionalità di persone che appartengono alla Compagnia delle Opere (dottoressa Monica Poletto in primis). Ora siamo in cassazione… Non sappiamo come giudicare questo ricorso che oggi non ha alcun senso. Temiamo quindi o in una modifica di legge o comunque temiamo che se la nostra onlus non sarà riconosciuta tale, migliaia di onlus analoghe alla nostra saranno cancellate dai registri.

Minori
Se ho ancora qualche minuto ho un ultimo cruccio.
C’è un servizio che esprime la missionarietà dell’ODA. E’ il servizio verso i minori in stato di disagio. Molti investimenti. Mai nessun utile. Molti problemi difficili. Alcuni casi eclatanti che per qualche giorno occupano le pagine dei notiziari locali.
A me pare che i servizi dovuti dall’ente pubblico verso i minori siano definiti solamente dalla disponibilità economica del servizio sociale. E qui immaginate quali siano le risorse magari per un bimbo magari straniero abbandonato piuttosto che per un rom con disabilità fisica… (sono solo esempi)
Giustamente la Regione Piemonte ha lavorato molto e bene sulla campagna “tutti i bambini hanno diritto ad una famiglia”. Tutti concordiamo che l’affido familiare, (siamo noi i primi a sostenerlo) è l’intervento per eccellenza.
La normativa vigente (DGR 41 e le modifiche che si stanno approvando in Regione) obbliga le comunità per minori a… “chiudere”. Troppo divario tra i livelli richiesti e l’importo della retta. Oramai la Comunità meno costosa ha più chance di inserire un ragazzo a discapito della qualità del servizio e dei livelli richiesti. Ma tutti, anche quelli che accolgono con rette impossibili, applicano i livelli richiesti? Qualcuno verifica o basta essere soddisfatti di spendere meno?
L’intervento verso i ragazzi deve essere estremamente competente, qualificato.
E’ importante che i giovani con situazioni pesanti come macigni sulle loro schiene possano poter esprimere la loro rabbia, volendo anche la loro distruttività. E invece? Invece non ci sono certezze. In questo campo si lavora per ottenere qualcosa nel “lunghissimo periodo”. Mai una soddisfazione per i nostri operatori magari chiamati a giudizio in tribunale perché il ragazzino è scappato o perché l’assistente sociale di riferimento ha chiesto una cosa telefonicamente e non l’ha confermata ne’ via fax, ne’ davanti al giudice. Il risultato del lavoro in questo campo non lo si vede mai. Sempre assolti nei processi, ma quanta sofferenza.
Ma non ci fermiamo. Anche qui con la nostra comunità più problematica cerchiamo di andare avanti.

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